Vino. L'Amarone e quella paura di crescere troppo
Il presidente del Consorzio vini Valpolicella Luca Sartori è preoccupato per non dire spaventato e persino irritato: le vendite di Amarone corrono troppo e di uva nei fruttai ne è andata anche più dello scorso anno.
Il dato eclatante è che a fine 2010 erano state vendute oltre 13 milioni di bottiglie contro i 9 milioni del 2009, anno critico per tutti, in particolare per i vini di fascia alta. E dire che Sartori le ha inventate tutte per ottenere una crescita governata del più titolato (e più costoso) dei vini veneti. Dalla vendemmia scorsa è in vigore il blocco di nuovi impianti. Fino ad oggi si viaggiava sui 200/300 ettari nuovi ogni anno. Troppi, pur a fronte di 6.450 ettari della Doc Valpolicella e di 2.463 aziende, 466 delle quali appassiscono uve nei fruttai. Il Consorzio ha anche limitato per il secondo anno al 50% del raccolto le uve rivendicabili all'Amarone (era il 65%). Niente da fare: l'uva ad appassire è aumentata. Del resto finché i prezzi tengono, finché un ettaro a vite rende 15 mila euro, il treno non si ferma. E poi con la vendemmia 2010 è arrivata la Docg. A dare una mano ai numeri c'è stato il sequestro di 1,5 milioni di bottiglie di falso Amarone, ma soprattutto c'è stato l'aumento del 40% delle vendite all'estero e il 14% in Italia.
L'anteprima dell'Amarone 2007, lo scorso week end a Verona, che doveva raccontare la nuova annata che va in commercio, ha finito con l'essere travolta dai numeri del successo anche se tra i produttori c'è più prudenza. Tutti sono concordi nel pensare che la nuova sfida è riuscire a legare un vino di metodo (appassimento e affinamento in legno) al suo territorio. Dell'annata 2007 sotto il profilo tecnico ha parlato Daniele Accordini descrivendo un'annata piuttosto calda che ha costretto ad anticipare la vendemmia ed anche la pigiatura, ma con uve sanissime. Un'annata, è stato detto, da lungo invecchiamento.
In realtà la vendemmia 2007 è forse quella che più di altre mostra il grande vino a metà del guado con una, se possibile, aumentata disomogeneità tra le aziende. Si va da vini prontissimi a vini 2007 che gradirebbero un paio d'anni di riposo.
Di certo si è cercata (e spesso ottenuta) l'eleganza che nell'Amarone vecchio stile veniva sopraffatta dall'aroma di frutta passita e cotta, ma quanto a profumi c'è molta incertezza.
Va detto comunque che in ogni caso è sparito ogni sentore di legno e non è poco. Di certo nel nuovo Amarone torna prepotentemente in primo piano il territorio con le sue belle variazioni. Si produce in nove vallate con altitudini da 50 a 600 metri ed ora le differenze escono.
La svolta, spiega Luigi Biemmi enologo della Cesari, si è avuta dal 2005. Si tende a raccogliere prima ed a vinificare prima. Se ne avvantaggia la freschezza. L'Amarone di Cesari spicca così per la sua modernità e immediatezza, pur rimanendo assai lungo in bocca, rivelandosi forse il più «aggiornato» tra i provati.
Un risultato in cui è affiancata dalla gardesana Zenato con un prodotto «giovane». Va detto però che quando Nadia Zenato sfodera una riserva 2005 dalla infinita complessità e morbidezza, la musica cambia. Ma a sorpresa Giampalo Speri dell'omonima storica azienda ci ha fatto provare un 2007 che si presenta già prontissimo e levigato con ricordi di more e di frutta matura non più schiacciati dalla struttura. More e sottobosco anche per l'Amarone di Sabrina Tedeschi che è dichiaratamente pensato per rimanere giovane a lungo. Fuori dalle righe è il vino di Giuseppe Campagnona (l'azienda ha cent'anni dal 2007) che sa di marasca ed è a tutti gli effetti un «Amarone di montagna». E allora in Valpolicella si dovrà andare, distinguere, cercare e non affidarsi soltanto alle magie dell'enologo.
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