Tra «Saperi e sapori»: arte e cibo sono protagonisti nell'incontro al Mantegna di Brescia
Se arte e cibo si incontrano. È questa unione che ha dato lo spunto per «Saperi e sapori», raccontar con arte: l'incontro di venerdì 28 aprile alle 17 nell'aula magna dell'istituto alberghiero Andrea Mantegna di Brescia (via Fura 96). All'appuntamento, ad ingresso libero, intervengono esperti nei settori dell'arte e dell'alimentazione, per fornire un «quadro» completo di quello che è il cibo, in sè, come cultura, ma anche visto attraverso gli occhi di chi queste prelibatezze le ha dipinte su tela.
Nel programma sono previsti gli interventi di Giovanna Rosa, dirigente del Mantegna, per i saluti istituzionali; Andrea Malpeli, docente dell’istituto, per l'introduzione dell'incontro; Massimo Montanari, storico dell’alimentazione e autore del libro «Il cibo come cultura»; e Virtus Zallot, storica dell’arte, che parlerà di «Banchetti dipinti, da mangiare con gli occhi», occasioni in cui il cibo diventa protagonista di opere d'arte.
A seguire, lo spettacolo «Il formaggio con le pere», tratto dall'omonio libro di Massimo Montanari. Un momento di teatro, narrato dalla voce di Daniele Squassina, accompagnato dalla chitarra di Maurizio Lovisetti, ideatore dell'opera teatrale.
Il libro
«Al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere». Il proverbio è notissimo, ma è difficile decifrarlo: come può un ammonimento di saggezza popolare escludere dal sapere il contadino? Qualcosa evidentemente non torna. Lo storico si incuriosisce, si chiede quale origine possa avere un testo del genere, che cosa significhi, a cosa possa servire. Investigando fra ricettari antichi, trattati di agricoltura e di dietetica, opere letterarie e raccolte proverbiali, Massimo Montanari scopre che i palati esigenti e gli stomaci delicati della nobiltà si innamorano del formaggio con le pere sin dal Medioevo.
Ma c'è di più. A un certo punto l'abbinamento diventa espressione di un savoir faire socialmente esclusivo. Ciò accade quando l'idea medievale del «gusto» come capacità naturale è sopravanzata dall'idea moderna del «buongusto» come attitudine culturale. Senza questo snodo decisivo il proverbio sarebbe impensabile. Montanari si avventura - non senza colpi di scena - nei delicati territori di confine tra cultura scritta e cultura orale, rapporti economico-sociali e rappresentazioni mentali. E l'enigma si svela: quell'ambigua sentenza non è il deposito di una saggezza condivisa, ma un luogo di rappresentazione del conflitto sociale e della lotta di classe. Chi l'avrebbe mai detto che tanta parte di storia se ne stesse racchiusa in un proverbio?@Buongiorno Brescia
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