Cucina

Sanguinelle, le arance rosse che introducono la primavera

Succose, coloratissime, quasi senza semi sono la varietà tardiva dell'Igp rossa, ci terranno compagnia sino ad aprile
Arancia rossa - © www.giornaledibrescia.it
Arancia rossa - © www.giornaledibrescia.it
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L'infinita stagione delle arance italiane, che porta sulle bancarelle delle nostre città frutti succosi e dolci praticamente da settembre a maggio, sta entrando, settimana dopo settimana, nel suo scorcio conclusivo. Mentre ancora sono infatti nel pieno rigoglio dell'offerta le produzioni più copiose, diffuse e pure di qualità, cominciano a fare capolino le prime raccolte delle diverse, variegate varietà tardive.

E' il caso delle Sanguinelle siciliane, le arance che dal fruttivendolo saranno sempre più presenti da ora almeno sino all'inizio di aprile, accompagnando suppergiù nel loro periodo più florido, e conveniente, la Quaresima di quest'anno. Rosse, succose, con pochi semi sono ideali non solo per corroboranti spremute, ma pure per mille preparazioni in cucina, soprattutto prendendo spunto dal multiforme ricettario della tradizione gastronomica isolana. 

IL PARERE DELL'ESPERTO. Le "arance rosse di Sicilia" - una denominazione protetta da apposita Igp - coprono l'offerta per buona parte dell'inverno, grazie alle loro tre principali varietà tipiche dell'area orientale dell'isola, sia nei Comuni delle province costiere, sia in un'ampia area dell'Ennese.

In dicembre l'esordio delle "rosse" è affidato alla varietà Moro di Lentini, oggi coltivato con soddisfazione in molte aree del Catanese e del Siracusano, mentre nel cuore della stagione fredda è sua maestà il Tarocco a dettare legge. E quando il dominio del "re delle rosse di Sicilia" ancora non intende cedere il passo, ecco che, tra febbraio e marzo, maturano le Sanguinelle, forse il ceppo più antico e originario, che ha dato i natali agli altri due che completano il quadro delle rosse. 

Poichè più d'una volta abbiamo incontrato questa famiglia di agrumi negli appuntamenti con Stagioni in tavol@, non serve ripetere ancora una volta i benefici di questo frutto che è un'autentica manna per la nostra salute, in particolare  durante i mesi più freddi e contro le affezioni più perniciose in questa parte dell'anno. Basta ricordare che due arance sono sufficienti a coprire il nostro quotidiano bisogno di vitamina C, al quale si aggiunge l'apporto non minora di vitamine A e B, tutte di straordinaria importanza per la nostra difesa immunitaria.

Le arance rosse inoltre hanno una maggiore quantità di flavonoidi, sostanze benefiche che tra le altre cose aiutano il nostro sistema cardiocircolatorio rafforzando i capillari, mentre una funzione significativa è pure legata al rafforzamento delle articolazioni.

Val forse invece la pena spendere ancora qualche parola sulla articolata e discussa origine della coltivazione delle arance in Sicilia. Pare infatti ormai assodato che, arrivata dall'Oriente dov'era presente in periodi ancor più antichi, la pianta d'arancio fosse già nota nell'area mediterranea in epoca romana. Ma si deve attendere la conquista araba e il secolo XI per apprezzarne una diffusa coltivazione nella maggiore isola italiana, in verità di varietà amare e quasi esclusivamente per uso ornamentale.

Sarebbero stati invece, solo più avanti nel tempo, attorno al XVI secolo, i navigatori portoghesi a portare in Europa dalla Cina l'arancia dolce che si è poi diffusa in tutta la Sicilia, a cominciare dalla conca di Palermo e dalle aree orientali. Da lì è partita la risalita lungo lo Stivale che ha portato non pochi alberi d'arancio a colorare persino le rive del Garda contendendo spazi agli altri agrumi nelle limonaie.

LA RICETTA. Più piccola e più colorata della Moro e dalla Tarocco, la Sanguinella è arancia siciliana principalmente destinata alla spremitura e converrebbe mantenere ancora per qualche settimana la salutare abitudine di prendere ogni mattina un bicchiere di rosso succo. Ma la ricca tradizione regionale dell'isola ha trovato nei secoli mille diverse soluzioni per valorizzare quest'agrume in cucina.

E in quest'occasione vogliamo proprio suggerire una delle preparazioni più profondamente legate a questa terra e al suo mare come le Sarde a beccafico, ricetta siciliana per antonomasia che vanta decine di varianti per forma e contenuto, ma che vede spesso l'arancia non protagonista assoluta ma necessario comprimario per la buona riuscita del piatto.

Iniziate acquistando in pescheria le sarde fresche, se possibile già eviscerate, private di testa e lisca centrale e aperte a libro mantenendo però attaccata al corpo anche la codina forcuta di ciascun pesce: non è un'operazione difficile, ma in commercio ci sono già pronte e se qualcuno fa per voi il lavoro guadagnate molto tempo. Quindi posatele in un grande piatto con la polpa rivolta verso l'alto e marinatele per un'oretta con il succo delle arance Sanguinelle, un po' della loro buccia grattugiata, sale e pepe.

A questo punto pensate al ripieno, che è una vera leccornia. In una padella con un po' d'olio extravergione fate tostare a fuoco medio per 2/3 minuti una discreta quantità di pantrito. Versatelo poi in una terrina e unite, secondo il vostro gusto, un poco di formaggio grana o pecorino grattugiato, qualche acciuga dissalata e sminuzzata, pinoli italiani (sono più cari ma valgono assai più di quelli di produzione orientale, spesso alterati dalla lunga conservazione) anch'essi tostati brevemente, uvetta disidratata fatta rinvenire nel vino bianco e strizzata. Aggiungete infine un trito di prezzemolo, finocchietto selvatico e, se vi garba, una punta di aglio. Amalgamate bene bene il tutto

Ora togliete i filetti di sarda dalla mainata, tamponateli con carta da cucina, e arrotolateli attorno ad un grumo di ripieno partendo dalla testa. Disponetili infine in una pirofila con un bel giro d'olio extravergine d'oliva sul fondo, ben allineati e stretti l'uno contro l'altro, divisi solo da una mezza foglia d'alloro, con il codino rivolto verso l'alto.

Potreste già cuocerli così, solo con un altro giro d'olio, i vostri involtini in forno già caldo a 190 °C per mezz'ora. Ma la tradizione di alcune aree consiglia un passaggio aggiuntivo davvero superbo: irrorare i pescetti ripieni nella pirofila con una emulsione di olio, miele e il succo d'arancia avanzato dalla marinata giusto appena prima di metterli in forno. E' questo è davvero un tocco magistrale che, a seconda delle proporzioni nel condimento, regalerà alle vostre sarde a beccafico un personalissimo gusto agrodolce.     

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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