Radici, come mettere nel piatto tradizione e salute

Rilanciate dall’ultima, meglio penultima, tendenza dell’alta ristorazione, le radici, insieme a muschi e licheni, hanno fatto la loro comparsa nelle proposte dei ristoranti stellati sull’onda di successo della cucina nordica. Ma a ben guardare, proprio le radici hanno una storica, abbondante e radicata presenza nella dieta contadina dei nostri nonni, in particolare nel Bresciano e in buona parte dell’area padana. Chi ha i capelli bianchi non faticherà infatti a ricordare come d’inverno non mancasse mai in tavola, almeno una volta alla settimana da novembre a marzo, un bel piatto di bianche radici, invariabilmente lessate, che erano propinate anche ai più piccoli, nonostante il gusto spesso amarognolo e legnoso, per le loro virtù nutritive. Oggi, da salutisti convinti, magari preferiamo curcuma e zenzero, scorzanera, rafano e altri tuberi più modaioli, ma varrebbe la pena di valorizzare anche i prodotti di casa nostra, soprattutto se sono legatissimi al territorio e nulla hanno da invidiare a quelli di importazione. È il caso proprio delle Radici di Mairano, una Deco (prodotto tutelato quindi da Denominazione comunale) che dà il giusto rilievo alla radice bianchissima di una varietà specifica di cicoria, disponibile proprio in queste settimane invernali.
Il parere dell'esperto. Facili da preparare, gustose e quasi dolci, soprattutto negli inverni meno rigidi come l’attuale, le Radici di Mairano sono un vero giacimento di salute per il nostro organismo. Hanno infatti grandi proprietà benefiche, soprattutto sul versante della depurazione dalle tossine accumulate nel fegato e per la funzionalità dell’intestino. Anche sul versante nutrizionale sono inoltre di grande aiuto con l’alta concentrazione di vitamine B1, B2, B6 e C oltre a fosforo, potassio e magnesio. Le coltivazioni reggono benissimo anche il freddo più intenso, ma negli inverni come quello che stiamo vivendo, nel quale le temperature scendono pochi gradi sotto lo zero, le radici acquistano una dolcezza solitamente sconosciuta e sono pure assai meno legnose dell’usuale. Nel gusto prevale così un piacevole contrasto tra l’amaricante di fondo e gli spunti terrosi e dolci, davvero molto gradevoli.
La ricetta. Non manca neppure chi le ama crude, magari leggermente marinate, ma non c’è dubbio che la ricetta principe per le «radici amare» (che poi tanto amare non sono) è quella semplice e rapida tramandata dalla tradizione bresciana, ovvero lessate. Importantissima è la preparazione, ovvero la pulizia a fondo delle radici che, ovviamente, crescono sottoterra e, dunque, portano spesso con sé un po’ di terra. Qualcuno toglie la parte esterna, ma anche il nutrizionista sconsiglia questa ulteriore precauzione: basta un lavaggio vigoroso, magari con acqua e qualche goccia di disinfettante per alimenti. Tagliate in pezzi, le radici vanno poi bollite in abbondante acqua salata, magari con l’aggiunta di un cucchiaino di bicarbonato, così da ammorbidirle in cottura. Bastano 20/25 minuti ed il piatto è pronto: lasciate a freddare, andranno solo condite a vostro piacere con olio extravergine d’oliva, aceto o limone, al più con un poco di prezzemolo e aglio tritati, nonché aggiustate alfine con sale e pepe bianco.
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