Cucina

Il restauro di antichi vigneti: sì in Valcamonica

Il lavoro del giovane produttore Alex Belingheri e di Agricola Valcamonica rimette in produzione vigne storiche
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Il prof. Attilio Scienza, che è una autorità riconosciuta nella viticoltura e nell’enologia a livello internazionale, lo raccomanda sempre più spesso. Dice che il mondo del vino ha bisogno di nuove vie di narrazione ed una delle più affascinanti è il recupero degli antichi vitigni.

La strada è ormai percorsa da firme celebri del mondo enoico. Ci vengono in mente i vigneti recuperati tra le mura di Pompei da Mastroberardino o l’uva Dorona che è rinata nella laguna di Venezia per iniziativa ella famiglia Bisol. L’ultima firma a mettersi su questa strada è stata Ruggeri, una firma dl Prosecco, che si è messa a selezionare le barbatelle di viti centenarie sopravvissute nella zona del Prosecco trovando ben 57 varietà di Prosecche. Si tratta di monumenti vegetali sopravvissuti alla fillossera favoriti (così si pensa) da terreni sabbiosi o da climi davvero particolari.

Che nel solco della novità enologica del momento ci fosse anche la nostra Valle Camonica può sorprendere, ma non poi molto tenuto conto che fino alla fine degli anni ’50 del secolo passato la Valcamonica era il vigneto del Bresciano con una estensione dei vigneti paragonabile alla Franciacorta attuale.

Certo non ci sono le grandi firme e, forse, l’operazione non avrà il palcoscenico internazionale (ma qualche bottiglia è arrivata già dall’altra parte del globo in Nuova Zelanda), i metodi sono più alla buona, ma il risultato può riservare delle belle sorprese.

Stiamo parlando della esperienza della Agricola Valcamonica di Artogne e del giovane Alex Belingheri che della minuscola azienda è un po’ tutto, dal manager alla mano d’opera.

In questi giorni Belingheri ha potuto presentare il "restiling" del vigneto di Berzo Inferiore che ha chiamato «Cru storico» (ma la gente lo ha sempre chiamato Ruk) dove sono state recuperate viti più che centenarie con una intelligente operazione che ne ha conservato le caratteristiche antiche persino nella modalità di impianto.

Il grosso lavoro è stato reso possibile grazie al successo di vendita del Nautilus, lo spumante di Agricola Valcamonica che è stato lasciato «ballare» sui lieviti nella profondità del bacino d’acqua del lago d’Iseo. Le prime 1.500 bottiglie, quelle dell’annata 2010, sono tutte vendute e il ricavato è diventato una vigna rifatta che è però proprio quella (infarcita di vitigni autoctoni a bacca prevalentemente rossa) da cui nasce lo spumante.

L’avventura «subacquea» dello spumante di Alex Belingheri continua. A fine giungo sono emerse dal lago 3.500 bottiglie dell’annata 2011, mentre altrettante del 2011 continuano il viaggio nell’acqua davanti a Montisola in compagnia di 4 mila bottiglie dell’annata 2012.

La curiosità dello spumante blanc de noir da uve che non sono Pinot nero, ma in gran parte Ciass Negher, rende abbastanza agevole il parlarne. Più complesso è descrivere il lavoro compiuto nel vigneto di Berzo, ma in prospettiva il futuro si disegna proprio nel vigneto. L’azienda ha solo in parte ricavato delle barbatelle da vigne vecchissime per rimpolpare i filari (che è l’operazione più comune in questi casi), ma ha reimpostato i filari in modo che anche le vigne vecchie continuino a produrre così com’erano abituate. Così sono nati impianti altissimi (oltre 2 metri) dalla vegetazione lussureggiante, con l’archetto impostato a Sylvoz.

Ma non è l’unica operazione che Alex Belingheri ha messo a segno. Nella piana di Cividate, quella che le legioni romane avevano bonificato e dove coltivavano la vite, ha recuperato alcuni terreni che ha piantato prevalentemente a Riesling con alcuni esperimenti su vitigni autoctoni a bacca bianca semi sconosciuti. In questo caso il vino prende il nome dalla piana in cui nasce e si chiama Bianco della Colture che è Riesling Renano (secondo alcuni il futuro della Valcamonica enoica, che sembra però ancora piuttosto remoto).

Il vino più interessante dell’azienda, il Bianco dell’Annunciata che è un superlativo Incrocio Manzoni dalle intriganti sfumature, nasce in un terzo angolo della valle. Alex Belingheri ha rilevato, con il socio Walter Letari il creativo ristoratore del Miravalle, scampoli di bosco a terrazza sotto il santuario dell’Annunciata di Piancogno. Erano i vigneti, poi abbandonati, dove i frati producevano il loro vino da messa. Qui sono state piantate nuove vigne di Incrocio Manzoni (Riesling per Pinot Bianco) perché c’era poco da salvare se non il luogo strappato al bosco, pare, fin dall’anno Mille.

I minuscoli terrazzi contesi agli sterpi e lavorati a mano godono di una esposizione particolarmente favorevole in vista del non lontano Sebino. La quota (800 metri) non impedisce la perfetta maturazione delle uve che regalano, come spesso avviene nei vigneti in quota, dei profumi particolarmente complessi. Il prezzo dell’operazione è una fatica antica, che il bicchiere ripaga largamente.

Gianmichele Portieri

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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