Ceci, un carico di benessere e gusto sempre a portata di mano
I freddi risvegli di queste prime giornate di marzo - insieme alle gelate notturne e all'annuncio di nevicate previste nel cuore d'Italia, anche a quote basse - hanno convinto ormai tutti che quest'inverno così mite ha scelto di regalarci un ultimo colpo di coda per nulla gradito.
Così, mentre i tepori inusuali di febbario già ci avevano illuso dell'imminente arrivo delle primizie primaverile, converrà per ora, anche per ragioni non irrilevanti di spesa, attendere la fine di marzo e l'inizio di aprile per cercare le prime originali verdure fresche del periodo più bello.
Nel frattempo potrebbe essere interessante e gastronomicamente gustoso aprire la dispensa di Stagioni in tavol@ ai doni dell'orto dell'estate che da sempre la tradizione contadina conserva secchi proprio per i mesi più parchi di soddisfzioni fresche. E cominciamo oggi una piccola serie di proposte, partendo dai ceci, un legume tra i primissimi colivati dall'uomo, un alimento dalle insospettate qualità benefiche e dalla sorprendente duttilità in cucina.
IL PARERE DELL'ESPERTO. Praticamente inutilizzati freschi, i ceci sono fin dai tempi più antichi una riserva alimentare importantissima per le regioni mediterranee. Le diverse varietà che conosciamo e coltiviamo oggi derivano probabilmente tutte da esemplari selvatici che si pensa siano stati inizialmente rinvenuti in Asia Minore, all'estremo orientale dell'attuale tra la Turchia e l'Iran.
Già più di cinquemila anni prima di Cristo se ne sfruttavano le peculiarità: dalla facilità di coltivazione, anche in terreni aridi e magri, alla comodità della conservazione dei frutti secchi, fino alla capacità saziante ed energizzante persino sopravvalutata, ad esempio in Grecia dove il loro nome significa non casualmente "forza".
Tra le curiosità che testimoniano il radicamento di questa coltivazione anche in Italia agli albori della civiltà, basterà ricordare come nel toponimo d'origine antichissima di alcuni luoghi, come ad esempio Cicerale, in Campania, si ricolleghi alla coltivazione d'una peculiare varietà di ceci ancor oggi diffusa e apprezzata, oppure che il celebre oratore latino Cicerone doveva il suo nome ad un antenato che pare avesse una verruca sul naso giusto a forma di cece.
Una coltura dunque ben presente da millenni lungo lo Stivale e che ancor oggi offre ccellenze che vale sempre la pena di provare a ricercare tra banchi dei verdurai più avvertiti. Sarà facile scoprire così come insieme ai ceci di Cicerale, quelli di Merella in Piemonte, di Valentano nel Lazio, il raro nero delle Murge o mille altri di piccoli giacimenti di gusto in Toscana, Abruzzo e Liguria.
La produzione italiana è da qualche anno in crescita costante un po' ovunque, soprattutto in Abruzzo, ma resta leader la Sicilia con varietà mediamente di maggiori dimensioni,. Uno sviluppo dovuto sia alla riscoperta del valore nutrizionale di questo legume, sia alla nuova passione degli italiani per le cucine etniche orientali che hanno nei ceci una base imprescindibile (si pensi solo all'hummus libanese).
Le conoscenze dietetiche di questi ultimi decenni, se da una parte hanno ridmensionato la forza energetica dei ceci (che resta comunque cospicua), ne hanno però sottolineato molte altre, a cominciare ad esempio dal fatto che le calorie assunte hanno un basso indice glicemico, così come significativo è l'apporto di carboidrati, proteine vegetali, sali minerali, vitamine e fibre.
Per tutte queste fondamentali componenti si consiglia solitamente di consumare ceci (o leguni) almeno un paio di volte alla settimana, così da favorire la digestione e il metabolismo, abbassare la glicemia, ridurre il rischio di problemi cardiovascolari e mantenere l'equilibrio di ferro nel sangue.
LA RICETTA. Basta sfogliare un qualunque ricettario regionale, dal Nord al Sud d'Italia, per scoprire quanto forte sia il legame dei ceci con la nostra storica cucina in ogni area, così come sorprendentemente duttile sia l'utilizzo ai fornelli di questo gustoso patrimonio per la tavola invernale.
A volo d'uccello ecco così la farinata ligure, la focaccia pisana, la pasta e ceci romana e le panelle siciliane, tanto per dire che bianchi, neri, grigi, rossi, grandi e piccoli, i ceci secchi d'ogni varietà sono spesso protagonisti assoluti. E non entrano solamente in zuppe e minestroni o a far da corroborante contorno a carni e pesci, bagnati, lessati e magari pure saltati in padella con olio, aglio, acciuga e rosmarino.
Il nostro suggerimento di oggi è invece la crema di ceci e crostacei quale modesto omaggio alla indimenticabile Passatina di ceci e gamberi, il piatto forse più famoso di Fulvio Pierangelini, straordinario chef del "Gambero Rosso" di San Vincenzo sulla costiera toscana, che ha segnato per sempre con la sua artistica e gustosa semplicità il panorama gastronomico italiano a cavallo tra la fine del secolo scorso e l'attuale (ha chiuso, purtroppo, nel 2008).
In buona sostanza si trattava anche allora solo, e scusate la banalizzazione, di una crema di ceci con i crostacei, ma dalle mani di Fulvio usciva meravigliosa, senza particolari segreti se non l'attenzione alle materie prime e a cento particolati figli della sua infinita sapienza gastronomica. Una lezione magistrale che sarebbe velleitario provare qui a riprendere.
Impossibile perciò garantire un esito anche solo paragonabile a quel piatto ormai mitico, ma anche con un gusto ad anni luce di distanza e con le infinite varianti apocrife emerse nel tempo, l'effetto di questo piatto potrà sorprendervi e risultare assai gradevole ai vostri ospiti, oltre magari a rammentare ai più fortunati con i capelli bianchi un'esperienza di troppi anni fa.
Prendete innanzitutto i ceci secchi, magari quelli bianchi di non grande dimensione, e lasciateli rinvenire in acqua per almeno 12 ore. Quindi sciacquateli un'ultima volta e cuoceteli in padella prima con aglio e olio, quindi con l'aggiunta di brodo vegetale fino a quando quasi non si sfalderanno. Regolate di sale e pepe.
Se vi piace, potete arricchire di ulteriore sapore questo passaggio in cottura con un pizzico di rosmarico e poco peperoncino non troppo piccante. A questo punto mettete i ceci nel bicchiere del mixer e frullateli per bene così da ottenere una crema non troppo densa, anche con l'aggiunta, se necessario, di un po' di brodo vegetale.
Tenete in caldo la crema e preparate i gamberi rossi, freschissimi, che vi sarete garantiti: tre o quattro a persona. Togliete il carapace, eliminate l'intestino e fateli saltare in poco olio e per pochissimi minuti in padella, magari irrorandoli con qualche goccia di vino bianco secco e il succo delle teste spremute (tutto sapore in più!).
Servite la crema calda in una fondina, adagiandovi semplicemente sopra i gamberi e completando il piatto con un gro d'olio non troppo carico, ligure o gardesano, e magari una grattata di pepe bianco.
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