I tanti volte del lavoro nelle voci dei ragazzi di WorkSpeech

Lucia Lazzari
Dal senso del dovere ai motivi per cui i giovani non si fermano in azienda, sono stati tanti i temi toccati nelle cinque puntate del podcast. E prossimamente toccherà alle aziende
Le puntata sono state registrate al GdB - © www.giornaledibrescia.it
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«Scegli un lavoro che ti piace». Quante volte i giovani hanno sentito questa frase dagli adulti? È un buon consiglio, considerando che per molti anni della nostra vita dobbiamo lavorare per vivere. Ma per vivere bene non basta scegliere solo una professione che piace; sono infatti ancora tanti gli ostacoli che le nuove generazioni devono affrontare quando si accingono a cercare lavoro.

E per trovare una soluzione a questo problema e capire meglio il punto di vista delle nuove generazioni e delle imprese l’azienda Becom con il Giornale di Brescia ha deciso di creare WorkSpeech, un podcast che vuole far dialogare i due mondi.

Dalle puntate è emerso che a volte non basta essere determinati e ambiziosi. Le aziende richiedono anche un buon titolo di studio, esperienza, disponibilità e flessibilità di orari. Ma non è finita qui; può capitare che chi passa le selezioni debba affrontare il problema degli stipendi (troppo bassi), e può trovarsi in un ambiente che non lo valorizzi dal punto di vista professionale.

Quindi che fare? L’unica opzione è lottare, per far sentire la propria voce, per un futuro migliore e per dimostrare anche al mondo degli adulti che le nuove generazioni sono al passo con i tempi. I giovani hanno voglia di imparare e di fare esperienza, ma vorrebbero un capo che sia un leader, gli insegni un mestiere e gli permetta di sbagliare e di crescere.

Nella prima fase del progetto un piccolo gruppo di ragazzi (tra i 18 e i 22 anni) è diventato quindi il portavoce delle nuove generazioni affrontando temi complessi e importanti. In tutte le puntate i giovani hanno dialogato con Alfredo Rabaiotti, ceo di Becom che crede fortemente in questo progetto.

Senso del dovere

La prima delle cinque puntate è sul «senso del dovere», e a raccontarlo sono Simone Moreni e Fedro Soardi. «Il senso del dovere se non viene imposto è qualcosa di molto positivo – spiega Simone -. Il titolare dovrebbe dare la possibilità ai suoi dipendenti di esprimersi. Mi piace dire ciò che penso, nonostante io sia l’ultimo arrivato in azienda».

Per Fedro è invece qualcosa di innato, ma lo si può anche sviluppare nel corso della vita. «È fondamentale far valere la propria parola – racconta -. Non bisogna vedere il dovere come una gabbia, ma come una bussola che ci indirizzi nella nostra realizzazione».

Non solo soldi

Le protagoniste della seconda puntata sono Marta Marino e Valeria Crippa, due giovani con le idee ben chiare sull’argomento lavoro. A loro viene posta da Alfredo la domanda: «Sono più importanti i soldi o la realizzazione personale?».

«Una delle prime motivazioni che ti spinge a lavorare è il denaro – risponde Valeria -, ma per vivere a pieno è necessario trovare un giusto equilibrio tra la realizzazione e il guadagno».

«Per me la realizzazione professionale è moto importante – racconta Marta -. Io vengo dalla provincia di Udine e sono a Brescia a studiare per raggiungere i miei obiettivi futuri».

Welfare aziendale

Nella terza puntata si approfondisce il tema del welfare aziendale grazie ai racconti di Laura Zappone e Federico Ros. «Vorrei che all’interno delle aziende ci fossero meno gerarchie – dice Laura -. Uno dei problemi più grandi è l’atteggiamento paternalista di alcune imprese, che non permette ai giovani di esprimersi«.

«Vorrei vivere la mia vita da protagonista e non da “schiavo” – aggiunge Federico –. Vorrei che ci fosse un capo all’interno dell’azienda che si identifichi come un leader, che ascolti i dipendenti e li valorizzi».

Senso del sacrificio

Nella quarta puntata del podcast tocca a Edoardo Spina e Chiara Sopova spiegare il significato del «senso del sacrificio». »Penso sia giusto mettere da parte dei piaceri momentanei per creare qualcosa per il nostro futuro – racconta Chiara -, però è anche importante lavorare in un ambiente positivo, per non rischiare di sacrificarsi per sempre».

Il sacrificio va ricercato secondo Edoardo. «In quanto studente traggo soddisfazione se mi impegno in ciò che faccio – spiega -. Non ricevo la stessa soddisfazione se raggiungo un risultato con superficialità, senza sacrificarmi».

Perché i giovani non si fermano nelle imprese?

Infine, nella quinta puntata Simone Moreni e Laura Zappone, già protagonisti rispettivamente della prima e della terza puntata, provano a rispondere a uno dei temi più complessi: ovvero «Perché i giovani non si fermano nelle imprese?».

Per Laura non c’è una risposta univoca. «Le prospettive di carriera e di crescita sono determinanti – racconta -. Stipendio, welfare aziendale e un buon equilibrio tra lavoro e tempo libero sono altri fattori importanti per scegliere se restare o meno». «I giovani hanno sempre voglia di spaccare il mondo – conclude Simone -, ma hanno anche la speranza di trovare l’opportunità che più li soddisfi e li realizzi nel lavoro».

Futuro

Per approfondire questi temi, ben spiegati dalle loro voci, non resta che ascoltare direttamente le puntate, già disponibili su Spreaker, Spotify, altre piattaforme audio e sull’app del GdB. Terminata questa prima fase, in cui si sono messe in luce aspettative, ambizioni e visioni dei giovani, ci si avvia alla seconda fase del progetto. Ora tocca alle aziende parlare ai microfoni di WorkSpeech e presentare opportunità concrete per i talenti emergenti. L’obiettivo finale è creare un dialogo diretto tra giovani e imprese, esplorando opportunità, sfide e trasformazioni del mercato del lavoro.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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