Violenza sulle donne, a Brescia impennata delle richieste di aiuto
Parlarne serve, sempre. Lo dimostra una volta in più il fatto che i centri antiviolenza della città hanno registrato un’impennata di richieste di aiuto e assistenza dopo le numerosissime iniziative organizzate per la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne dal Comune di Brescia in collaborazione con i centri Butterfly e Casa delle donne Cad Brescia e altre realtà operanti sul territorio.
A raccontarlo è Roberta Leviani, vicepresidente di Butterfly e responsabile del centro antiviolenza di via Ferdinando Bertoni: «A novembre abbiamo avuto molte richieste - spiega la cofondatrice della cooperativa insieme a Moira Ottelli, oggi presidente -. Da noi dopo gli ultimi eventi, anche quelli fatti nelle scuole, sono arrivate perfino ragazze di 17, 16 e 14 anni: le abbiamo ascoltate e abbiamo cercato di dare loro dei consigli, ma per legge i minori vanno indirizzati altrove, per esempio nei consultori, quindi poi sono state dirottate verso altre strutture».
Sempre più domande
L’esplosione delle domande di ascolto e supporto «è un aspetto fondamentale - prosegue Leviani -, perché quello che preoccupa è soprattutto il sommerso: non mi spavento quando vedo un aumento dei numeri, perché significa che hanno avuto il coraggio di rivolgersi ai servizi». Il lavoro che si sta facendo nel Bresciano, quindi, va nella direzione giusta.
Anche quello, talora meno evidente, delle realtà che traducono in parole, gesti e immagini una tematica così delicata come nel caso del gruppo Trait d’Union di Brescia, che il 25 novembre scorso ha portato in scena sul palco del teatro Santa Giulia lo spettacolo «Raccontami una donna», che ha l’obiettivo di sensibilizzare sulla violenza di genere.
Donazione
Il ricavato dell’iniziativa, 3.200 euro in tutto, è stato poi donato dal gruppo ai due centri Butterfly e Casa delle donne. «Queste donazioni sono importanti perché ci aiutano ad aiutare le donne che si rivolgono a noi - spiegano Leviani e Viviana Cassini, presidente di Cad -, in particolare con questi soldi finanziamo gli step che servono a incanalarle verso percorsi che portano alla loro autonomia e al supporto dei loro figli».
Questo anche alla luce del fatto che «i fondi regionali non bastano - aggiunge Cassini -, nello specifico quando dobbiamo mettere mano agli appartamenti Aler dove poi queste persone andranno temporaneamente a vivere».
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