Violenza di genere, inaugurata in Questura la «Stanza d’ascolto»
È stata inaugurata venerdì negli spazi della Questura di via Botticelli la «Stanza d'ascolto», un ambiente protetto, dedicato all'accoglienza delle donne vittime di violenza. Una struttura progettata e realizzata al secondo piano della Questura negli uffici della Squadra Mobile.
L'iniziativa, nata con il contributo dell'Associazione «Anima» nell'ambito del progetto «Anima in ascolto» ha come obiettivo di offrire un luogo sicuro e rispettoso dove le donne possano trovare il coraggio di denunciare le violenze subite senza alcun timore di essere giudicate.
La dedica
«La stanza è dedicata a Monia Delpero, giovane bresciana uccisa a soli 19 anni nel 1989 dall’ex fidanzato che aveva sfrontatamente partecipato anche alle sue ricerche prima di confessare e che fu ritrovata dopo tre giorni di affannata ricerca tra i campi di Manerbio. La sua storia ancora oggi scuote le coscienze e questa sala vuole essere la risposta della società civile al dramma della violenza sulle donne» ha detto il questore Eugenio Spina.
Monia aveva solo 19 anni quando nel 1989, nella notte di Santa Lucia fu brutalmente assassinata dall’ex fidanzato con cui aveva avuto una storia durata solo dei mesi; strangolata, il suo corpo venne nascosto in un sacco di plastica e lasciato in un canale di scolo, sconvolgendo l’intera comunità. Un dramma che non si è mai sopito e che negli anni ha portato la mamma, Gigliola Bono, ad adoperarsi per combattere la violenza di genere.
La testimonianza della madre
«Il delitto di Monia non fu solo un fatto di cronaca nera ma divenne il simbolo di un dramma che troppe donne ancora oggi vivono. Abbiamo cercato di trasformare quel dolore straziante in una missione che giustificasse la nostra vita per portare nelle scuole e anche nelle aziende i temi della parità di genere e del rispetto, contro la violenza sulle donne. Da qui ci siamo impegnati in un percorso che è stato raccolto anche da altre persone e da realtà associative attive sul territorio e che ha portato a questa inaugurazione» ha detto Gigliola, fissando i suoi occhi azzurri su una platea ammutolita dalla sua testimonianza dolorosa. Con lei in un ideale abbraccio gli altri due figli: una ragazza e un giovane che hanno vissuto sulla loro pelle il dolore della famiglia per quel delitto, per quella giovane vita spezzata. «Quando ti uccidono una figlia, non vivi più la tua vita, ma quella che l’assassino ha deciso per te. Devo continuare ad andare avanti, ma la vita che sto vivendo non l’ho scelta io» ha continuato la signora Gigliola.
L’imporanza di denunciare
Accanto a lei Giovanna Prandini, cuore di «Anima», associazione «che non vuole sostituirsi a nessuna altra realtà associativa ma che si propone col supporto della Camera di Commercio per dare un supporto e una voce a chi vive nell’angoscia della violenza». Un’attività che anche il sindaco di Brescia, Laura Castelletti, ha lodato nel sottolineare come «la crescita statistica dei codici rossi attivati dall’autorità oggi segnala come tra le donne si stia diffondendo il principio di denunciare la violenza. Un segnale chiaro di come stia cambiando l’aria ma che indica che molto resta ancora da fare per tutti».
La mostra itinerante
Intanto l’impegno instancabile nella sensibilizzazione sulla violenza di genere ha dato vita a iniziative di particolare impatto emotivo come la mostra itinerante «lo ti Ascolto», in collaborazione con il «Centro Antiviolenza Casa delle Donne» e con l’Associazione Cuav «Cerchio degli uomini»: da qui la realizzazione del baule rosso ideato da Giovanna Montiglio che raccoglie poesie e riflessioni nelle scuole scritte dai ragazzi delle secondarie, vincendo la riservatezza e la vergogna anche per denunciare situazioni al limite, ha continuato il Questore.
Secondo il Prefetto Andrea Polichetti «La Stanza d’Ascolto dedicata a Monia non è solo uno spazio fisico ma un simbolo: è il simbolo della voglia di fare dei bresciani, il luogo dove il silenzio si rompe e la paura si trasforma in azione. Ogni donna che varcherà quella soglia farà un passo fondamentale verso la sua libertà». La prova che lo Stato c’è: uno Stato che si fa carico di arginare e prevenire fenomeni criminali, ma anche di sostenere le vittime della violenza. Una forza viva che ci fa credere ancora di più nelle istituzioni e che migliora la qualità della vita.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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