Verso il Conclave, oggi i cardinali stabiliscono la data del suffragio

Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa - l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15esimo e il 20esimo giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo «busillis» sarà risolto stamattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva.
Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9 e, nel pomeriggio alle 17, le messe dei «novendiali» nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato sabato con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio. Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l’«extra omnes» che apre il Conclave.
Il punto
I 135 «elettori» (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali «over 80», che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi.
Una sorta di «grandi elettori», insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi «grandi vecchi» c’è sicuramente il 91enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco. Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente.
Intanto la scena tra i «papabili» è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei «novendiali», davanti ai 200mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti. Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di ieri, in cui ha assimilato la tristezza e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli «apostoli addolorati per la morte di Gesù», Parolin è come se avesse esposto una sorta di suo «programma». Ha spiegato che l’«eredità» del Pontefice «dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri. Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza».
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