Vent'anni a Dominique Pelicot per gli stupri sull’ex moglie Gisèle
«Ho lottato per i miei figli e i miei nipoti. Ho lottato per tutte le vittime di violenze». La voce ferma e risoluta di Gisèle Pelicot, diventata un simbolo suo malgrado, dimostra ancora una volta il suo coraggio e la determinazione dopo la condanna a 20 anni di carcere, il massimo della pena, inflitta al suo ex marito Dominique Pelicot che per dieci anni – dal 2011 al 2020 – l'ha drogata per violentarla e farla violentare da decine di uomini che reclutava sulle chat.
Vittime
Anche tutti gli altri 50 coimputati sono stati dichiarati colpevoli, con condanne di vario genere tra i 3 e i 15 anni. «Penso alle vittime di stupro non riconosciute, le cui storie restano spesso nell'ombra. Voglio che sappiate che condividiamo la stessa lotta», ha detto Gisèle, 72 anni, acclamata da centinaia di persone all'uscita del Palazzo di Giustizia di Avignone, nel sud della Francia, dove dal 5 settembre si è celebrato il maxi-processo sui cosiddetti stupri di Mazan – dal nome del Paese in cui la coppia abitava – seguito da media provenienti dai quattro angoli del pianeta.
Colpevole
«Signor Pelicot, lei è ritenuto colpevole per stupro aggravato sulla persona di Gisèle Pelicot», ha dichiarato il presidente della Corte penale di Vaucluse, Roger Arata, poco prima di annunciare la condanna a 20 anni dinanzi ai famigliari presenti in aula. Dominique Pelicot, anche lui di 72 anni, si è alzato in piedi, ha ascoltato il giudice con attenzione, ma senza esprimere particolari emozioni. Il principale imputato, che alla chiusura del processo, il 16 dicembre, ha chiesto perdono all'ex moglie, è stato ritenuto colpevole anche di aver raccolto immagini di Gisèle e della figlia a loro insaputa.
La sua avvocata, Béatrice Zavarro, ha poi riferito che l'uomo «ha preso atto» della sentenza e non esclude di fare appello nei termini previsti, un massimo di 10 giorni. Poi il giudice ha elencato via via le diverse sentenze per tutti gli altri imputati. All'arrivo in tribunale per assistere al verdetto insieme ai figli, la vittima era stata accolta da uno striscione: «Merci Gisèle», «Grazie Gisèle», mentre la folla venuta a sostenerla scandiva il suo nome.
La lotta
«Questo processo – ha detto la donna dopo la pioggia di condanne – è stato una prova molto dura. Penso ai miei tre figli, David, Caroline e Florian. Penso ai miei nipoti perché loro sono il futuro ed è per loro che ho condotto questa lotta». Gli stessi figli sono però rimasti «delusi» dalle pene inflitte, che hanno giudicato «lievi», ha fatto sapere un altro membro della famiglia. Così come un gruppo di manifestanti femministe ha protestato per sentenze considerate troppo morbide, nel contesto di un processo comunque ritenuto «storico».
Rispondendo rapidamente ai cronisti, la diretta interessata ha detto invece di «rispettare» la sentenza. Gisèle ha anche tenuto ad esprimere la «più profonda gratitudine a tutte le persone che mi hanno sostenuta durante questa prova. Ringrazio l'associazione di aiuto alle vittime, il cui sostegno senza sosta è stato inestimabile. Ringrazio i giornalisti per aver trattato questo processo in modo fedele e dignitoso».
La donna ha sottolineato. «Ho fiducia nella nostra capacità di cogliere collettivamente un futuro in cui ognuno, donne e uomini, possano vivere in armonia, nel mutuo rispetto e nella comprensione».
Coraggio
Gisèle Pellicot è acclamata ben oltre i confini della Francia tanto che per tutto il giorno commenti e reazioni alla sentenza si sono moltiplicate in Europa e ovunque nel mondo, anche da parte di leader come Olaf Scholz e Pedro Sanchez, che ne hanno lodato il coraggio per aver voluto un processo a porte aperte affinché «la vergogna cambiasse campo» per passare dalle vittime agli aggressori.
Degli altri 50 condannati, alcuni dei quali sono stati più volte a casa Pelicot per abusare della donna narcotizzata dal marito, solo una quindicina ha espresso frasi di scuse nei confronti di Gisèle. Gran parte di loro è stata ritenuta colpevole di «stupro aggravato di gruppo e somministrazione di droghe alla vittima». Non si tratta di tutti gli uomini che hanno abusato di lei, ma solo di quelli che sono stati identificati dalle centinaia di foto e video che il marito aveva fatto e archiviato.
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