Trasformatori al Pcb, i vertici di Caffaro Brescia condannati a sei mesi

Continuarono ad usarli nonostante gli avvisi di Arpa e della Provincia di Brescia
Serbatoi che filtrano l'acqua dal pozzo per rimuovere il Pcb alla Caffaro
Serbatoi che filtrano l'acqua dal pozzo per rimuovere il Pcb alla Caffaro
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Non solo non li hanno smaltiti, ma hanno continuato ad utilizzarli tanto per produrre corrente, quanto per attivare le pompe che emungevano acqua dalla falda per evitare si contaminasse. Questa la ragione per la quale i manager di Caffaro Brescia Srl Vitantonio Balacco, Alessandro Francesconi e Alessandro Quadrelli sono stati condannati a sei mesi di arresto e 3mila euro di ammenda. La sentenza attiene al caso dei dodici trasformatori al Pcb trovati in azienda e caratterizzati da una concentrazione di Policlorobifenili superiore allo 0,05% tollerato dalla legge.

Per il sostituto procuratore Carlo Pappalardo, titolare del fascicolo, i vertici di Caffaro Brescia avrebbero dovuto smaltire quegli impianti entro la fine del 2009, anche perché a partire dal 1 gennaio del 2010 sono divenuti rifiuti pericolosi.

Secondo il giudice Lorenza de Nisi, che ha condannato non solo i dirigenti, ma anche l’azienda al pagamento di una sanzione amministrativa di circa 40mila euro, gli imputati erano consapevoli dell’obbligo di dismissione dei trasformatori e non possono motivare la loro inattività con il rischio di compromissione del sistema di messa in sicurezza del sito connesso alla sostituzione di quei trasformatori. «Il processo ha dimostrato – ha scritto il giudice nelle motivazioni della sentenza – che furono diverse le comunicazioni inoltrate alla Caffaro da Arpa e Provincia di Brescia al fine di sollecitare l’attività di dismissione e smaltimento, segnalando di certo la pericolosità dell’operazione, ma non negandone la fattibilità, bensì suggerendo l’adozione di un piano temporizzato, accelerato di dismissione delle apparecchiature con loro completa sostituzione e separazione delle linee di alimentazione delle pompe della barriera da quelle di alimentazione degli impianti».

Benché il fatto sia stato accertato non deve risponderne Donato Todisco, il quarto imputato. A suo favore è intervenuta la prescrizione: Todisco è infatti cessato dalla carica di presidente del cda nel 2016 e non può più essere chiamato a rispondere per obblighi che aveva più di otto anni fa.

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