Strage di Erba, a Brescia si decide se aprire un processo di revisione
Sono le 9.16 quando in sala polifunzionale, al piano interrato del tribunale di Brescia, suona il campanello che annuncia l'ingresso dei giudici. Al piano di sopra, nell'aula magna della Corte d'Appello d'Assise, sta per iniziare l'udienza per decidere se riaprire il processo sulla strage di Erba, in cui vennero assassinate quattro persone e per cui furono condannati all’ergastolo in via definitiva Olindo Romano e Rosa Bazzi. I giudici oggi esamineranno la richiesta di aprire un processo di revisione presentata dagli avvocati di Romano e Bazzi, accorpando l'altra presentata dal sostituto procuratore di Milano Cuno Tarfusser.
In aula magna sono entrati solo 45 cittadini con apposito pass che avevano fatto richiesta nei giorni scorsi. Molti di loro sono studenti di Giurisprudenza e praticanti avvocati. Ci sono poi due sale riservate alla stampa, i giornalisti che hanno chiesto l'accredito sono più di sessanta.
Si aggiunge un numero indefinito di «imbucati», privati cittadini che hanno provato a entrare comunque senza il pass mettendosi in coda fuori dal palazzo di giustizia fin dalle prime ore dell'alba, sperando che qualcun altro rinunciasse. Sul cavalcavia Kennedy si sono assiepati anche gli operatori per filmare l’arrivo di Romano e Bazzi alla carraia del Palazzo di giustizia. Le riprese può farle solo la troupe di «Un giorno in Pretura», che poi potrà distribuirle alle altre testate.
Tra chi è in fila fuori dall’ingresso per il pubblico, alle 8.50, c’è un gruppetto di giovani praticanti avvocate che aspetta sotto la pioggia: «È rarissimo un processo di revisione, volevamo assolutamente provare a entrare – spiegano –. È qui, in tribunale, che si impara qualcosa, vedendo cosa succede in aula. Specie in un caso super mediatico come questo».
La pensa così anche Daniela, assistente sociale di Brescia. Lei è riuscita a entrare nel palazzo di giustizia e già poco dopo le 8.30 era fuori dalla porta dell’aula magna. «Ho seguito qui anche il processo con Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio – racconta –. Mi interessano le strategie processuali, ne sono appassionata da sempre. Per esserci oggi ho preso ferie». Dietro di lei c’è un avvocato di Cremona in completo nero: «In tanti anni di professione non mi era mai capitato di assistere a un’udienza per valutare la revisione di un processo. In più ci sono alcune circostanze che mi hanno indotto a venire a Brescia per approfondire la vicenda».
Sono da poco passate le 9 quando i carabinieri che piantonano l’aula magna invitano giornalisti e operatori della tv a dirigersi verso gli spazi che sono stati loro riservati. Qualcuno riesce a intrufolarsi nella sala polifunzionale, dov’è allestito un maxi schermo per vedere in diretta cosa succede nell’aula magna. Sul telo campeggia l’inquadratura fissa sul muro che ricorda che «la legge è uguale per tutti». Tre amiche, soddisfatte per essere riuscite a infilarsi tra i giornalisti, si fanno un selfie.
Alle 9.42 viene comunicato che l'udienza è cominciata ma Rosa Bazzi e Olindo Romano hanno detto che non vogliono essere ripresi dalle telecamere. Spiazzate le decine di cameraman e tv nazionali arrivati da tutta Italia per immortalare i coniugi tornati in aula a distanza di anni. Qualcuno sale per protestare, non si sa bene con chi, ma un gruppetto agguerrito rovescia le proprie lamentele sui carabinieri. La cosa però non li compete (e a dirla tutta, è uno spettacolo abbastanza triste perfino per il circo mediatico).
Quando comincia la diretta, cala il silenzio. L'avvocato generale Domenico Chiaro prende la parola al piano di sopra. Si sente la sua voce, intorno solo il ticchettio delle dita sui tasti dei pc, qualcuno ammonisce i colleghi che stanno commentando: «Shhh». La giornata sarà lunga. Dopo Chiaro, tocca al procuratore generale Guido Rispoli, poi alle parti civili: il legale di Azouz Marzouk (marito di Raffaella Castagna e padre di Youssef, due delle vittime), gli avvocati Massimo Campa e Daniela Spandri per la famiglia Castagna, Adamo De Rinaldis per la famiglia Frigerio (Mario Frigerio, 66 anni, fu colpito alla gola da una coltellata, ma riuscì a salvarsi, sua moglie Valeria Cherubini fu invece uccisa). Poi sarà il turno delle difese.
Alle 10.30 passate, nonostante l’udienza sia ampiamente cominciata, fuori dal tribunale decine di persone stanno ancora aspettando sotto la pioggia di poter entrare. «Vogliamo vedere Rosa e Olindo», dice una coppia che arriva dalla provincia e che ritiene i coniugi «innocenti». Dentro, l'avvocato Chiaro ha già detto che per l’accusa «l'istanza di revisione è inammissibile». Ma è sul «vedere» che la coppia insiste, come insistono le telecamere, insistono molti giornalisti e i curiosi, insiste una logica morbosa di spettacolarizzazione mediatica che qui, stamattina, ha trasformato il tribunale in un set.
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