I cinque giorni sotto terra della speleologa Ottavia Piana
L’incubo di Ottavia Piana inizia con una caduta. Sabato 14 dicembre, alle 18. Un volo di cinque metri, mentre sta mappando insieme ad altri otto speleologi un tratto inesplorato dell’Abisso Bueno Fonteno. Si trovano sotto terra, in un labirinto di grotte nel cuore della montagna che sorge tra il lago d’Iseo e il lago di Endine, nella Bergamasca.
La donna di 32 anni, originaria di Adro e iscritta al Cai di Lovere, sta risalendo una forra (una profonda gola a pareti verticali, nella quale scorre un corso d'acqua sotterraneo) quando, probabilmente per un chiodo che ha ceduto o per una roccia molto friabile, perde l'appiglio e precipita all'indietro, atterrando di schiena. Una botta tremenda, in cui riporta diversi traumi e fatture: alle gambe, al ginocchio, alle costole, al volto.
I compagni che erano con lei risalgono immediatamente il difficile percorso fino all’imbocco dalla grotta: circa tre chilometri che, tra cunicoli e strettoie, corrispondono a circa quattro ore di cammino. L’allarme scatta attorno alle 22.30, mobilitando da subito uomini e mezzi del Corpo nazionale Soccorso alpino e speleologico. In totale sono oltre 150 i soccorritori che raggiungeranno il campo base, allestito al campo sportivo di Fonteno. Un intero paese che subito si mette a disposizione.
Il precedente
Fin dalle prime ore della complessa operazione di salvataggio, il caso di Ottavia Piana tiene l’Italia con il fiato sospeso. Un pubblico diviso tra chi tifa con apprensione per la giovane donna - le cui condizioni di salute sono stabili - e i commenti degli hater che si scatenano sui social.
Una polemica scaturita dal fatto che Piana era stata già protagonista di un difficile intervento di soccorso a luglio del 2023, quando rimase intrappolata a 150 metri di profondità, nella stessa cavità. In quel caso si era infortunata ad un ginocchio.
Riportata in superficie dopo 48 ore, fu lei stessa a raccontare: «Stavo piantando dei chiodi quando una roccia si è staccata dalla parete e mi ha colpito il ginocchio. Un dolore che non avevo mai provato prima».
Nei giorni successivi Luca Longo, tecnico specializzato del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico del Piemonte, spiegò: «Il Bueno Fonteno è un abisso molto umido, con numerosi meandri e percorsi molto stretti: trasportare una persona sulla barella non è facile, servono tecniche specifiche». Piana allora fu salvata grazie al lavoro di 60 uomini e un sistema di carrucole.
Le polemiche e la solidarietà
Dopo gli attacchi sul web, in difesa di Ottavia Piana intervengono i compagni di squadra, che ne confermano la meticolosità e la precisione, ma anche Sergio Orsini, presidente della Società Speleologica Italiana.
L’esperto evidenzia: «Le ricerche che lei e il suo gruppo speleologico stanno conducendo nella grotta dell'incidente non sono solo un'impresa sportiva, ma rappresentano un contributo fondamentale alla mappatura del sottosuolo e all'analisi di risorse vitali come l'acqua che beviamo».
Lo conferma anche Mauro Guiducci, vicepresidente nazionale del Soccorso Alpino e speleologico: «In questo periodo di grave crisi idrica conoscere i percorsi sotterranei dell’acqua e le riserve enormi che ci sono nella montagna è molto importante per poter pianificare le politiche idriche del territorio, si capirebbe come e perché ci sono certe sorgenti o perché alcune si prosciugano».
Le operazioni di salvataggio
L’intervento per salvare Ottavia Piana si preannucia lungo. Lunghissimo. Le operazioni, coordinate dalla Prefettura di Bergamo, sono estremamente complesse anche a causa delle condizioni di salute della donna. Piana è cosciente, tanto che fin da subito ha chiesto ai soccorritori di tranquillizzare la sua famiglia.
Per l’elevatissimo tasso di umidità della grotta, è stato necessario portare vestiti di ricambio, coperte e piumini, oltre a piccole bombole di ossigeno.
La temperatura costante è di circa 8 gradi centigradi e Piana viene riscaldata con un sistema portatile che soffia aria calda, mentre con cautela è immobilizzata su una barella, agganciata a una teleferica per affrontare la difficile risalita.
Oltre 150 soccorritori in campo
Fin da subito, i vigili del fuoco di Bergamo e Lovere hanno montato dei fari per illuminare a giorno l'imbocco della grotta. Una squadra del Soccorso alpino ha installato una linea telefonica calando un cavo lungo circa 3 chilometri, che permette di comunicare tra l'interno e l'esterno.
Sul posto ci sono anche i carabinieri, oltre al bresciano Corrado Camerini, coordinatore regionale lombardo del Soccorso alpino, e Mario Guiducci, vicepresidente nazionale, partito nella notte di sabato per raggiungere Fonteno: sono loro a coordinare le attività di soccorso, rese complesse anche per l'assenza di una mappa geomorfologica della grotta. La stavano appunto realizzando proprio Ottavia Piana e i suoi colleghi.
Lo sconforto
Con l’avanzare delle ore, si delinea ancora meglio la difficoltà delle operazioni: per far passare la barella si è necessario usare microcariche esplosive, manovrate dagli specialisti disostruttori, che si fanno strada anche con picozze, trapani a batteria e martelli demolitori, allargando il più possibile il varco.
Nel frattempo, il morale di Ottavia Piana inizia comprensibilmente a cedere, anche se non smetterà mai di essere collaborativa e sopportare il dolore, costantemente affiancata da un anestetista e dagli infermieri. La donna è sotto terra, ferita, da tre giorni.
«Parla molto poco, ma dice che non entrerà più in una grotta» riferisce il dottor Rino Bregani, medico del Soccorso alpino, che l’ha visitata. La donna ha spiegato di voler «abbandonare la speleologia per sempre».
I tempi si allungano
Giunti a metà percorso, si fanno più certi i tempi di azione dei soccorritori. Che si dilatano. «Servono ancora tra le 36 e le 48 ore di lavoro» stima nella giornata di martedì il coordinatore Camerini. Terminato il percorso nel ramo secondario della grotta – non esplorato – i soccorritori raggiungono nella mattinata di martedì la parte di abisso conosciuta, da cui occorrono circa due ore per giungere al ramo principale, e altri 30 minuti per arrivare all'uscita.
Le tempistiche di movimento sono scandite da un'ora e mezza di trasporto e un'ora di pausa per fornire assistenza sanitaria all'infortunata. Fino a questo momento sono stati impegnati 126 tecnici del Soccorso Alpino e Speleologico che hanno formato 5 squadre di soccorso: alcune dedicate al trasporto della barella, altre ad anticiparne il passaggio provvedendo a disostruire i tratti problematici. I tecnici provengono da Lombardia, Campania, Emilia-Romagna, Liguria, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Toscana, Umbria e Veneto. È anche previsto l'arrivo di ulteriore personale dalla Sardegna.
Nella notte tra martedì e mercoledì una pausa: serve a far dormire la speleologa, che non chiude occhio da sabato.
Il colpo di reni
Nella serata di martedì, la svolta. Il percorso è stato completamente liberato dai disostruttori e serve accelerare: l’équipe medica consiglia di portare Ottavia Piana il prima possibile in superficie, anche se parla e collabora, ma inizia a dare segni di cedimento. Il team dei tecnici mette in campo uno sforzo congiunto per un colpo di reni finale: mentre nella grotta si accelera il passo, le squadre di terra bonificano una porzione di bosco per consentire l’atterraggio dell’elicottero.
Alle 3.10 di mercoledì 18 dicembre Ottavia Piana è salva.
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