Cronaca

Scovati 1.400 lavoratori in nero: il dato è in crescita

Sono i numeri del 2023 della Guardia di Finanza di Brescia. La Lombardia, pur contando oltre 504mila lavoratori in nero, presenta il tasso di irregolarità più basso d’Italia
Calabria, Puglia e Sicilia sul podio del lavoro «nero»
Calabria, Puglia e Sicilia sul podio del lavoro «nero»
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Del mercato del lavoro italiano ne rappresenta l’impalcatura. O quantomeno di un pezzo di essa. Un sostrato sommerso, impercettibile, che sfugge a norme, contratti, tassazioni. È il lavoro nero, pratica tanto diffusa quanto incancrenita nel Belpaese. Secondo stime dell’Ufficio studi della Cgia, in Italia sono oltre tre milioni i soggetti che quotidianamente svolgono un’attività lavorativa irregolare, rappresentando un tasso di irregolarità del 12,8%, con un impatto del 4,9% sul valore aggiunto generato dall’economia sommersa. Brescia non è da meno.

Secondo l’ultimo bilancio di attività della Guardia di Finanza, sono stati scovati circa 1.400 lavoratori in nero o irregolari disseminati in provincia. Un dato in crescita rispetto al periodo precedente, quando se ne contavano duecento in meno. Ma il fenomeno non conosce campanili e per questo rappresenta una sfida socio-economica che non può essere sottovalutata. Basti pensare che, sempre secondo la Cgia di Mestre, questa forma di impiego irregolare genera quasi 80 miliardi di euro. Un dato allarmante.

La Lombardia, pur contando oltre 504mila lavoratori in nero, presenta il tasso di irregolarità più basso d’Italia, pari al 10,4% con un’incidenza del valore aggiunto prodotto dal lavoro irregolare sul totale regionale del 3,6%. Ma nessuna regione può sentirsi assolta. Anche perché il fenomeno impatta anche (e soprattutto) sulla sicurezza sul lavoro. L’analisi delle statistiche ufficiali evidenzia una correlazione tra lavoro nero e l’aumento del rischio di incidenti e morti, soprattutto in settori ad alto rischio come l’edilizia.

Non solo, perché il nero alimenta la concorrenza sleale, danneggiando le imprese che operano nel rispetto delle normative e dei contratti collettivi.

Questa concorrenza distorta compromette la qualità dei servizi e dei prodotti sul mercato minando la fiducia dei consumatori, danneggiando l’immagine del Paese e contribuendo a renderlo anche più povero

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