Sciopero nazionale, in 5.000 in piazza a Brescia al grido di «Rivolta»
«Rivolta, rivolta, rivolta». È la parola chiave di questo caldo autunno italiano che riecheggia anche nel freddo centro storico di Brescia. È il giorno del discusso sciopero generale, quello precettato, quello oggetto di polemiche, quello arrabbiato e determinato. Nel Bresciano il dato sull’adesione generale si attesta al 70%.
Lavoratori della scuola e della sanità, operatori delle Residenze per anziani, metalmeccanici, autisti, dipendenti amministrativi. Pezzi interi del mondo produttivo bresciano scendono in piazza Paolo VI a Brescia rispondendo ad una delle 46 mobilitazioni fisiche indette da Cgil, Uil e Cobas nelle piazze italiane.
La protesta si dipana nella forma del grido di protesta e anche di dolore. Davanti a 5mila persone, in mezza piazza colorata di centinaia bandiere rosse e blu per chiedere di cambiare la manovra che prevede tagli orizzontali in molti settori pubblici e privati.
«La politica dovrebbe ascoltare queste piazze, la rabbia ma anche il grande attaccamento al lavoro di qualità – urla il segretario di Uil Brescia Mario Bailo –. Vogliamo difendere un Paese che non ci piace e che vogliamo cambiare. Questo non è il momento di stare dietro le scrivanie ma di scendere in piazza».
Drammatico l’appello di un rappresentante della componentistica automotive, travolta da una profonda crisi. Secondo l’osservatorio della Fiom »Brescia nel novembre del 2024 le richieste di cassa integrazione somma 297 e coinvolgono oltre 16mila lavoratori, un anno fa riguardavano 6mila dipendenti in meno. «Tutto peggiorerà a cascata dalla crisi dalla Germania. Provocherà la perdita 80mila posti di lavoro in Italia se non ci saranno interventi del governo».
Duro anche l’intervento prettamente politico del segretario provinciale di Cgil Francesco Bertoli: «Ci stanno attaccando sull’uso del termine rivolta, ma cos’è il contrario di rivolta? È accettazione? Noi non possiamo accettare i tagli del governo e gli accordi separati. Parliamo allora di rivolta, se necessario. Non provino ad attaccarci. Noi siamo quelli del 25 aprile, del 1 maggio, del 28 maggio. Non siamo quelli della Fiamma Tricolore, durante la stagione del terrorismo noi siamo stati sempre dalla parte giusta».
Lo sciopero generale ha coinvolto anche i lavoratori somministrati. «Siamo in mobilitazione permanente fino a marzo - spiega Francesca Butturini della Nidl Cgil -. Tra questura e prefettura ci sono 25 lavoratori in somministrazione che si occupano delle pratiche di rilascio del permesso di soggiorno ai lavoratori migranti presenti sul territorio bresciano. Il loro ruolo è strutturale: con l'ultima finanziaria però non sono state stanziate risorse per bandire dei concorsi e non ci sono nemmeno soldi per i rinnovi».
Il problema si protrae dal 2021 e ha già tenuto i lavoratori a casa per alcuni periodi. In brevissimo tempo queste persone potrebbero trovarsi senza lavoro e «c'è poi il problema dei migranti, perché viviamo già ora un ritardo cronico nel rilascio dei permessi di soggiorno: il lavoro di questa persone serve, non devono pagare loro e non devono farlo i migranti», sottolinea ancora Butturini.
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