Schiaffo all'arbitro, il presidente della Virtus Rodengo: «Rovinato tutto»

Giovanni Gardani
Delusione e sconforto da parte di Alessandro Persico che sta valutando se lasciare l’incarico. «Così si offusca anche l’immagine della società. I calciatori della prima squadra devono essere da esempio per il nostro settore»
La prima squadra del Rodengo in campo accompagnata dai bambini - © www.giornaledibrescia.it
La prima squadra del Rodengo in campo accompagnata dai bambini - © www.giornaledibrescia.it
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C’è amarezza in casa Virtus Rodengo Saiano dopo il grave episodio avvenuto ieri, durante la partita di Terza Categoria girone B contro il Nave. Al 46’ del primo tempo, l’arbitro Simone Paderni di Chiari ha espulso Mamadou Gueye per un’offesa urlata in campo. Secondo la società di casa, l’insulto era rivolto a un compagno e non al direttore di gara, che però ha interpretato diversamente e ha mostrato il cartellino rosso.

La situazione è degenerata pochi istanti dopo: Gueye ha reagito colpendo l’arbitro con uno schiaffo. A quel punto, non sussistendo più le condizioni di sicurezza, l’arbitro ha deciso di sospendere l’incontro.

Per la Virtus Rodengo è scontata la sconfitta a tavolino per 0-3 e si attende ora una lunga squalifica per il calciatore, al centro di un episodio che lascia l’amaro in bocca e macchia il campionato.

Le reazioni

«Sono sceso negli spogliatoi subito – spiega Alessandro Persico, il presidente della Virtus Rodengo Saiano – e ho detto al nostro atleta di non farsi più vedere al nostro centro sportivo. Mamadou è sempre stato un bravo ragazzo, ma in un attimo ha rovinato tutto. Non solo per se stesso, ma anche per l’immagine che la nostra società in questi anni ha creato. Ho detto mille volte che i calciatori della prima squadra devono essere da esempio per il nostro settore giovanile. Due domeniche fa abbiamo fatto entrare i ragazzini mano nella mano con gli atleti di Terza, per dare un messaggio. E poi bastano due secondi per rovinare tutto. Sto pensando di mollare, almeno il discorso prima squadra, perché c’è tanta amarezza. Ho bisogno di pensarci, perché questa è una ferita molto grossa: di un bel campionato, anche dal punto di vista dei risultati visto che abbiamo sfiorato i play off, rischia di rimanere solo questa macchia».

Stefano Facchi, che fino al 30 giugno rappresenta la delegazione bresciana, concorda con Persico. «Vanno dati segnali forti. Quando a volte si parla di squalifiche lunghe e di inasprimento della pena da parte del giudice sportivo – spiega Facchi – sentiamo qualcuno che si lamenta. E invece si fa questo anche per dare un esempio: la Virtus Rodengo ha fatto bene ad allontanare il ragazzo, anche perché il discorso della “seconda possibilità”, se concesso, rischia di fare passare un messaggio distorto, ossia che c’è una sorta di incolumità se uno sbaglia, anche gravemente, la prima volta».

Il problema, per Facchi, è a monte del singolo episodio. «I casi di aggressione sono in calo, e questo va bene. Ma non siamo comunque contenti quando accadono questi episodi: certo, con 30mila tesserati in provincia non possiamo pensare che tutti si comportino correttamente, ma ogni episodio isolato va stigmatizzato. Bene ha fatto la Virtus Rodengo a prendere questa decisione, così come bene ha fatto il Concesio a giocare un weekend a porte chiuse per le intemperanze di alcuni genitori. È vero che il calcio deve educare e quindi anche perdonare: ma è giusto dare dei segnali. Sento parlare del fatto che il giocatore forse ha solo sfiorato l’arbitro e non l’ha colpito. Questo non è il punto: il fatto è che si è usata violenza. E in generale manca il senso del rispetto per quella che è una autorità terza, che può sbagliare ma va rispettata: succede lo stesso quando un calciatore manda a quel paese l’allenatore per una sostituzione. Si tratta di un’emergenza educativa».

Da parte dell’Associazione Italiana Arbitri, invece, arriva un «no comment» legato a regolamenti interni, che impediscono di rilasciare dichiarazioni riguardo a una procedura per la quale si esprimerà in settimana il giudice sportivo.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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