In via Chiappa a Brescia discariche, baracche e frustrazione

A Sant’Eufemia scarti di ogni tipo sono accatastati e spesso anche bruciati: ora gli abitanti chiedono «più controlli» da parte dell’Amministrazione
Rottami negli ex campi enel - © www.giornaledibrescia.it
Rottami negli ex campi enel - © www.giornaledibrescia.it
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La zona si conosce bene fondamentalmente per tre ragioni: o ci si abita, o si frequenta(va) la Cavallerizza Bettoni (e allora il suo sguardo si è però pressoché sempre inceppato sul curvone, dove sta l’ingresso dell’ormai ex storico maneggio), oppure si gioca a calcio al campetto che sta sul principio della strada. Ma basta macinare qualche passo più avanti per capire che in quel lembo di periferia qualcosa non va. E non da una settimana o un mese.

Rottami e scarti

La zona è quella tracciata da via Chiappa, che inizia a serpenteggiare dalla fermata della metro Sant’Eufemia, surclassa la Cavallerizza e arriva al sottopassaggio pedonale che riannoda quello scorcio circondato da campi e mini torrenti allo spicchio più urbanizzato del quartiere. Una via, un piccolo spazio potenzialmente bucolico, nel quale si è infilata una grande frustrazione. Quella dei residenti, che per quanto si diano da fare (puliscono il torrente per evitare smottamenti, potano le piante su suolo pubblico come possono per evitare che invadano la carreggiata e che oscurino i lampioni, rimuovono gli oggetti pericolosi dalla strada) adesso più che arrabbiati sono delusi e stanchi.

Per capire la ragione basta descrivere il piano sequenza di passo in passo. A destra, in mezzo a campi mal curati e impregnati di sporcizia, c’è una mini sfilata di baracche improvvisate intervallate da qualche prefabbricato, tutte intervallate da cumuli di rifiuti di vario tipo, che ciclicamente vengono bruciati (plastica inclusa).

Per coprire gli «allestimenti contemporanei» molto simili a stamberghe, stufi delle lamentele dei residenti, chi occupa quei campi ha posizionato delle reti coprenti. Ma anche quelle, senza manutenzione, sono a tratti malridotte. Se lo sguardo si posiziona sulla sinistra, poi, sembra di essere lontani migliaia di chilometri dalla Brescia del centro storico: nei terreni adiacenti alla ferrovia Milano-Venezia, già proprietà dell’Enel, sono fiorite discariche più o meno nascoste, ma tutte accessibili.

Rifiuti vari - © www.giornaledibrescia.it
Rifiuti vari - © www.giornaledibrescia.it

Una, in particolare, ha anche una «piazzola d’ingresso»: già da lì si vedono rottami, rifiuti, lamiere, elettrodomestici accatastati, scarti di imballaggi, pezzi di macchinari o di automobili, scarti bruciacchiati. A due passi dal Parco delle cave e a due passi (anche) dalla ex cava Piccinelli, avvelenata da materiale radioattivo (Cesio 137) nonché a lungo meta di rottami e carcasse.

Fumi di plastica

C’è anche una casa che cade letteralmente a pezzi, come il nastro rosso che dovrebbe delimitarla e che invece ondeggia accasciato: è di proprietà comunale. E pensare che «questa - spiegano i residenti - è un’area verde sottoposta a vincoli ambientali». Gli abitanti di quell’area hanno dato vita a una sorta di villaggio di tuttofare (e questo potrebbe essere il lato positivo di questa storia), ma ora sono stanchi: «Abbiamo segnalato questa situazione molte volte. Nonostante l’intento di occultare il disastro ambientale in atto con teli oscuranti, ogni giorno si nota l’aggiunta di materiale di recupero e rifiuti di ogni genere.

Sono anche comparse queste baracche in lamiera, degne delle migliori bidonville e iniziamo a essere preoccupati». Si chiedono se, oltre al degrado e alla montagna di rifiuti «che vediamo a occhio nudo», non ci siano anche altre sostanze o manufatti che, lasciati a loro stessi, sono stati inghiottiti dal terreno «o coperti con teli in plastica». La plastica che, a settimane alterne, viene bruciata e che «siamo costretti inevitabilmente a respirarci. Crediamo che appellarsi alla sola coscienza civica delle persone non sia sufficiente, c’è bisogno di controllo: non possiamo fare tutto da soli» dicono.

Il destino del maneggio

Ma chi vive tra via Chiappa e via Serenissima ha anche un altro cruccio: «Con l’abbandono del maneggio Bettoni, il nostro timore è che, visto l’andazzo, la struttura possa diventare un rifugio di fortuna o, peggio, un’altra discarica incontrollata». Già, qual è il destino della Cavallerizza? Per altri 18 mesi resta in capo ai gestori storici, l’associazione Stable, che si è aggiudicata il bando indetto dalla San Filippo Spa (ma parecchie parti della struttura stanno di fatto cadendo a pezzi).

Poi, l’obiettivo dell’Amministrazione (lo spazio, lo ricordiamo, è di proprietà pubblica) è «trovare un interlocutore che abbia voglia di rilanciare lo spazio con un progetto di ampio respiro». Per farlo, il Comune indirà l’anno prossimo una manifestazione di interesse. Nel frattempo, fra una decina di giorni, c’è un sopralluogo con un operatore (è il terzo nell’arco di tre mesi) che sarebbe interessato al rilancio.

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