Revenge porn, non fu il personal trainer a diffondere i video della dottoressa

A stabilirlo il perito nominato dal giudice. Altri due indagati, tra i quali un ex calciatore del Brescia, avrebbero invece divulgato il materiale via chat. Processo aggiornato al 13 marzo
L’analisi dello smartphone sembra scagionare uno degli imputati - © www.giornaledibrescia.it
L’analisi dello smartphone sembra scagionare uno degli imputati - © www.giornaledibrescia.it
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Non fu il personal trainer a diffondere i video e le foto dal contenuto hot della dottoressa. A sostenerlo, nel corso del dibattimento che si sta celebrando per revenge porn a carico di cinque imputati, è stato il perito nominato dal giudice Lorenza de Nisi. Secondo Cesare Marini, esperto informatico autore della perizia, nel telefono sequestrato all’uomo subito dopo la denuncia formalizzata dalla persona offesa non c’è prova della diffusione delle immagini e dei filmati hard prodotti e ricevuti direttamente dalla donna.

Il perito del giudice, sentito ieri dal procuratore aggiunto Nicola Serianni e dal legale dell’imputato, l’avvocato Ennio Buffoli, ha confermato la presenza di diversi file. «Sul telefono dell’imputato sono stati rinvenuti - ha spiegato Marini - 34 file che ritraggono la parte offesa, 28 dei quali in atteggiamento sessualmente esplicito. I filmati gli sono stati inviati dalla stessa persona offesa» e da lì, aggiunge l’esperto, non si sono mossi. «L’imputato - ha detto l’esperto rifacendosi alla sua perizia - non li ha condivisi con nessuno. Non c’è traccia di invio di quei contenuti ad altri: né con WhatsApp, né con altri mezzi».

Il personal trainer, stando alla perizia, ha fatto altro, ma nulla di penalmente rilevante. «Ha condiviso cinque immagini in quattro chat - ha spiegato Marini - che hanno coinvolto complessivamente quattro persone. Ma l’ha fatto senza mostrare il viso della persona offesa, e senza fornire le sue generalità».

Altri due indagati

L’esperto informatico che ha analizzato il telefono dell’imputato e della donna, che dopo il risarcimento ricevuto da alcuni degli indagati ha ritirato la sua costituzione di parte civile, ha affermato che quest’ultima ha condiviso i suoi video con almeno altre tre persone. E che a differenza del personal trainer due degli indagati, tra i quali un ex calciatore del Brescia, hanno divulgato il materiale privatissimo via chat.

L’analisi fatta del perito sui dispositivi, oltre ad interessare altri possibili spettatori/divulgatori dei filmati peraltro in odore di una certa notorietà, sembra sconfessare la loro linea difensiva e provare che i due conoscessero l’identità della donna al centro dell’obiettivo e, nonostante questo, non si astennero dal passaparola proibito dal Codice penale.

La perizia non dice se anche questi due imputati furono destinatari delle preghiere della dottoressa. «La persona offesa - ha detto il perito - ha chiesto agli interlocutori di cancellare quei video dalle chat una ventina di volte. Per ottenere il suo risultato ha inviato il contenuto dell’articolo 612-ter (quello che punisce il revenge porn, ndr) in 300 e più occasioni». Evidentemente senza successo.

Il processo è stato aggiornato al 13 marzo, per l’esame di una indagata che fu prosciolta dall’accusa di diffusione dei video, ma ha chiesto la messa alla prova per saldare una sostituzione di persona della quale si era resa responsabile. La discussione e la sentenza invece sono in programma per il 27.

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