Del Bono: «In Regione al centrodestra manca visione»

Il vicepresidente del Consiglio: «Io candidato per la presidenza? Non è automatico, si vedrà...»
Emilio Del Bono © www.giornaledibrescia.it
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Ex sindaco di Brescia, oggi vicepresidente del Consiglio regionale, Emilio Del Bono è uscito dalle urne del 2023 come il più preferenziato della Lombardia.

Che Lombardia ha trovato?

Ho constatato che dopo trent’anni di governo il centrodestra non ha più né una visione strategica né una programmazione. Ho visto una Regione stanca, improduttiva e del tutto sganciata dalla realtà.

Giudizio severissimo...

Sì, mi ha stupito l’incredibile inefficienza. A eccellere sono rimasti solo i lombardi, vale a dire le aziende, le associazioni, le realtà singole. Ma l’ente non è affatto eccellente e gli indicatori lo dimostrano. È una Regione iper-burocratizzata e fatica a introdurre le risorse nell’economia reale.

Cioè? I soldi ci sono ma non vengono spesi?

Ci sono oltre 10 miliardi di euro di cassa, significa che la Lombardia impegna 10 miliardi (la gran parte in sanità ma non solo), che poi non riesce a impiegare nella pratica. Si mettono fondi a disposizione, si fanno bandi, ma sono difficilmente comprensibili e accessibili. Si tratta di una cifra scandalosa, che equivale a un terzo dei 33 miliardi che compongono il bilancio complessivo. Se questo accadesse a un Comune, verrebbe etichettato come minimo come inefficiente e deficitario.

Lei ha citato gli indicatori: a quali si riferisce?

La Corte dei Conti ha acceso i riflettori sui fondi comunitari e ha detto che per capacità di spesa la Lombardia si piazza al diciottesimo posto in Italia: questo è allarmante. Per non parlare della sanità...

Parliamone invece...

Eravamo davvero un punto di riferimento: oggi la classifica stilata dalla Cabina di regia del Governo Meloni ci vede all’ottavo posto per capacità di gestione e obiettivi Lea (livelli essenziali di assistenza). Altre Regioni ci hanno scavalcato.

Fontana dice che il nodo non sta nelle risorse: è d’accordo?

Sì, ha ragione. Non è solo una questione di risorse, ma anche di organizzazione, criteri, monitoraggio e, infine, di come i soldi vengono spesi. Perché c’è chi non può più permettersi di curarsi. Fontana vive sulla luna, ha perso il polso di queste differenze che produrranno effetti distorsivi.

C’è un problema di disuguaglianze?

Assolutamente sì. Negli ultimi dieci anni siamo molto più diseguali. Il 10% dei lombardi ha rinunciato alle cure, significa che i cittadini hanno accettato l’idea che acceda alle cure chi si può permettere di pagarle: un terzo della prestazione sanitaria regionale la pagano i lombardi di tasca loro, quando dovrebbe essere garantita. Questo è rinunciare a un diritto.

La Lombardia è ancora la locomotiva d’Italia?

Non lo è più. Prima andava avanti a prescindere dall’ente, ma ora la crescita della ricchezza lombarda si sta assestando a quella nazionale. Abbiamo problemi molto seri: su scuola, sanità e trasporti la Regione ha perso completamente il controllo.

Che voto darebbe a questi due anni?

Bassissimo. Non è certo sufficiente, perché sono molto fermi, è una Giunta che ha rinunciato a governare: non manca solo la visione, ma anche la volontà di dirsi le cose come stanno per risolvere i problemi.

Una visione nuova la vuole portare lei come candidato presidente?

Come Pd lombardo non abbiamo discusso di candidature, ma di avviare il Laboratorio Lombardia 2028 per costruire una visione strategica. Io ne sono il coordinatore, ma non significa che questo si tradurrà in una mia candidatura alla presidenza.

Si sta sfilando?

Dove ci porterà questo percorso lo vedremo: intanto non arriviamo all’ultimo a costruire l’alternativa e cambiamo metodo. Poi, va costruito il lavoro di coalizione. Mancano tre anni esatti: una misura lunghissima in politica...

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