Processo Strage di piazza Loggia, la super-teste parla di Roberto Zorzi

Ombretta Giacomazzi all’epoca aveva 17 anni ed era la ragazza di Silvio Ferrari. Sentita dal pm Caty Bressanelli ha raccontato anche della relazione con il neofascista bresciano
L'audizione di Ombretta Giacomazzi - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
L'audizione di Ombretta Giacomazzi - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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È arrivato il momento di Ombretta Giacomazzi. Al processo a carico di Roberto Zorzi, il neofascista veronese accusato della fase esecutiva della strage di piazza della Loggia in concorso con Marco Toffaloni (l’allora 16enne condannato giovedì 3 aprile 30 anni dal Tribunale dei Minorenni), sul banco dei testimoni siede la teste chiave dell’inchiesta sull’ultimo miglio percorso dalla bomba che il 28 maggio del 1974 uccise 8 persone e ne ferì altre 102.

Sentita dal pm Caty Bressanelli, la donna che all’epoca aveva 17 anni ed era la ragazza di Silvio Ferrari, ha spaziato dalla relazione con il neofascista bresciano saltato in aria trasportando esplosivo sulla sua vespa nove giorni prima della strage, agli incontri di quest’ultimo con il capitano Delfino ed i suoi uomini nella mansarda di via Aleardi per scambiare foto e documenti. Ha riferito dei rapporti tra i neofascisti veronesi e bresciani e ripercorso la sera della morte del suo ragazzo e gli incontri dei giorni successivi.

«Zorzi più volte a Brescia»

Ombretta Giacomazzi ha detto di aver visto più volte Roberto Zorzi a Brescia e di sapere che si muoveva su una Dyane azzurra, vista in città la sera della morte del suo ragazzo. La testimone riguardo a quella vettura ha affermato che, dopo l’esplosione che si portò via il suo ragazzo, Nando Ferrari, estremista di destra bresciano, le disse subito di non parlare mai di quella Dyane, se voleva stare lontano dai guai.

I faldoni del processo sui banchi degli avvocati - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
I faldoni del processo sui banchi degli avvocati - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it

Di Roberto Zorzi Ombretta Giacomazzi ha detto anche con riferimento alla sua presenza nella pizzeria dei suoi genitori in viale Venezia, alcuni giorni dopo la morte di Silvio Ferrari. «Dominava il tavolo al quale erano seduti anche Marco Toffaloni, Paolo Siliotti, Arturo Gussago e Nando Ferrari. Parlavano di vendicare Silvio. “Quello che non ha fatto lui, lo faremo noi” dicevano. Non parlarono di alcuna piazza. Al momento – ha spiegato la testimone – pensavo si riferissero all’attentato al Blue Note, dopo lo strage però ho collegato la bomba di piazza Loggia a quelle parole».

«Sono stata stupida a non parlare allora»

«Mi viene una rabbia addosso a quando penso a quanto sono stata stupida a non parlare allora. Io avevo iniziato a parlare nei primi interrogatori, ma il generale Delfino mi aveva attaccato dicendo che ero una bugiarda. In poco tempo mi sono trovata in carcere a Venezia dove sono stata da marzo a settembre 1975. Mi hanno sempre impedito di parlare», ha spiegato Ombretta Giacomazzi. Che ha raccontato di quando con il fidanzato Silvio Ferrari – saltato in aria con una bomba sul pianale della Vespa una settimana prima della Strage di piazza Loggia del 28 maggio 1974 – andava a Verona in una caserma dei carabinieri per incontri segreti con lo stesso Ferrari, Delfino e Toffaloni».

Aula gremita durante l'udienza - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Aula gremita durante l'udienza - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it

«Ma Roberto Zorzi a Verona non l'ho mai visto. Lo vedevo a Brescia. Lui e Toffaloni erano un po' i protagonisti» le parole di Ombretta Giacomazzi. «Delfino mi disse: "Se tu non vuoi che io trasformi il reato di reticenza in concorso in strage devi fare ciò che ti dico io. Devi cercare di coinvolgere il figlio del giudice Arcai che si chiama Andrea Arcai. Lo conoscevo di vista Andrea Arcai, ma lui non è mai stato coinvolto in nulla"».

«Ho sempre avuto paura di Delfino»

«Ho sempre avuto paura del generale Delfino fino a quando lui è stato coinvolto nel sequestro di mio suocero Giuseppe Soffiantini ed è caduto dal piedistallo sul quale è stato per tutta la carriera». Lo ha detto davanti alla Corte d'Assise di Brescia la super testimone Ombretta Giacomazzi nell'udienza del processo sulla strage di piazza della Loggia.

In aula durante il processo - Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
In aula durante il processo - Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it

«Non ho comunque parlato della Strage fino a pochi anni fa perché comunque Delfino era ancora vivo», ha aggiunto la donna che è poi stata ascoltata 40 volte dal generale dei Ros Massimo Giraudo: «L'ho visto come un sacerdote. Sapevo che non mi avrebbe mai giudicata». Alla domanda del presidente della Corte Roberto Spanò «lei oggi ha paura di qualcuno?» Ombretta Giacomazzi ha risposto: «Anche se non lo vedo dal 1974 Nando Ferrari (condannato per omicidio colposo del giovane neofascista Silvio Ferrari e coinvolto e assolto nella prima storica inchiesta sulla strage, ndr). Non ho paura di essere ammazzata, ma non ho voglia che mi venga sconvolta la vita perché io in 50 anni ho fatto la mia vita».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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