Processo Caffaro: «Non era prevista la vigilanza ambientale»

Fernando Miccia, maggiore della Guardia di Finanza: «Non fu creato fondo rischi, né nominato un organo ad hoc»
L'accusa contestata ai vertici di Caffaro Brescia Srl è di disastro ambientale - © www.giornaledibrescia.it
L'accusa contestata ai vertici di Caffaro Brescia Srl è di disastro ambientale - © www.giornaledibrescia.it
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Falso in bilancio e violazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. Il processo ai manager della Caffaro Brescia Srl non è incardinato solo per accertare reati ambientali, ma anche per appurare un corollario di eventuali violazioni strettamente connesse, anche se di natura economica.

L’udienza

Nel corso dell’udienza di ieri, davanti al collegio presieduto da Francesca Grassani, dopo l’esame della dottoressa Tiziana Frassi, funzionaria di Arpa che ha ripercorso le criticità ambientali del Sito di interesse nazionale che ha l’azienda di via Nullo al centro, alle domande sulle responsabilità fiscali dei pm Silvio Bonfigli e Donato Greco e dei difensori degli imputati Antonio Todisco, Alessandro Quadrelli, Alessandro Francesconi e Vitantonio Balacco, ha risposto il maggiore della GdF Fernando Miccia, comandante del gruppo Tutela entrate.

Le falle

Frassi si è soffermata sull’inadeguatezza della barriera idraulica, studiata per emungere acqua di falda al fine di evitare il contatto con i terreni inquinati e la sua contaminazione. Rispondendo alle domande della presidente del collegio, inoltre ha spiegato che i filtri necessari per depurare dagli inquinanti i liquidi scaricati nell’ambiente, in un paio di casi risultarono del tutto inefficienti. Quanto infine alla diluizione delle acque di processo con quelle utilizzate per il raffreddamento degli impianti la funzionaria Arpa ha ricordato come più efficace sotto il profilo ambientale e meno dispendiosa sarebbe stata la depurazione a monte delle prime.

Niente vigilanza ambientale

Il secondo profilo è stato affrontato dal maggiore Micia. Il comandante del Gruppo tutela entrate ha segnalato che «fino al 2019 Caffaro Brescia Srl nel suo bilancio non faceva menzione delle criticità ambientali e non provvedeva nemmeno ad istituire il fondo per la gestione del rischio ambientale, nonostante la peculiarità della sua attività produttiva e lo stato delle cose».

Stando alle risposte del maggiore della Guardia di Finanza, Caffaro Brescia Srl, in qualità di persona giuridica, sarebbe passibile delle conseguenze previste dalla legge 231 del 2001 con riferimento alle responsabilità amministrative delle persone giuridiche, in particolare «per non aver previsto nel modello organizzativo dell’azienda – ha spiegato il comandante del Gruppo tutela entrate – la nomina di un organismo di vigilanza del rischio ambientale. Abbiamo analizzato i documenti raccolti da Arpa e confluiti nel fascicolo del pubblico ministero e siamo arrivati alla conclusione che non sia stata prevista la figura e non vi sia, tanto meno, stata alcuna nomina».

L’operazione

Il maggiore Micia ha infine sottolineato come il gruppo del quale Caffaro Brescia Srl fa parte ad un certo punto sposta la redditività dell’azienda di via Nullo su un’altra società della holding. «Non è vietato separare la commercializzazione dei prodotti dalla produzione – ha spiegato il maggiore – ma l’operazione potrebbe essere stata compiuta per evitare il blocco degli affari, in caso di provvedimenti di sequestro derivanti da azioni penali».

Dopo l’udienza di ieri il collegio ha aggiornato il processo al 30 gennaio prossimo. Sono altre quattro le udienze in calendario per i primi mesi del 2025: il 25 marzo, il 10 e il 17 aprile e il 22 maggio.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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