Polizia spagnola: Bozzoli filmato in un resort a Marbella il 30 giugno

È stato riferito alle autorità italiane che c’è un video delle telecamere interne dell’hotel in cui si vede il 39enne latitante: si tratta della prima prova concreta dopo le parole della receptionist
Bozzoli, gli scatti che fugano i dubbi
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Sono i primi elementi concreti. La dichiarazione di una receptionist d’albergo e soprattutto un fotogramma. Che testimoniano la reale presenza in Spagna la scorsa settimana, quantomeno fino a prima del primo luglio, di Giacomo Bozzoli, il 39enne bresciano condannato all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario gettato nel forno della fonderia di famiglia l’8 ottobre 2015 a Marcheno, e latitante dal giorno del verdetto definitivo della Cassazione.

Dal sud della Spagna, precisamente da Marbella, la polizia iberica ha fatto sapere alle autorità italiane che le telecamere del resort Hard Rock hanno ripreso il 39enne il 30 giugno, un giorno prima della sentenza definitiva. Nelle immagini si vede il bresciano con il figlioletto.

Non solo: una receptionist dell’albergo di lusso avrebbe riconosciuto tra i clienti Giacomo Bozzoli. Il documento del bresciano – la carta di identità – sarebbe stato registrato proprio il 30 giugno. Poi il vuoto assoluto.

Ora la Procura di Brescia che attraverso rogatoria ha chiesto di accedere al sistema di videosorveglianza dell’albergo, aspetta di visionare i filmati che dimostrano che effettivamente era Giacomo Bozzoli la persona che si è presentata al resort.

I dubbi

Giacomo Bozzoli filmato a Marbella il 30 giugno

Perché a fronte delle dichiarazioni della compagna del 39enne («siamo stati insieme in Spagna fino al momento della sentenza»), gli inquirenti non avevano nascosto dubbi sulla reale presenza in Spagna del bresciano a tra il 20 e il 30 giugno. Troppi erano stati i vuoti e i «non ricordo» nel racconto di Antonella Colossi, compagna sempre fedele di Giacomo Bozzoli interrogata dai carabinieri il giorno stesso del ritorno in Italia in treno che ha fatto mettere a verbale di «aver perso la memoria per lo choc dopo aver saputo della condanna all’ergastolo guardando internet da un computer dell’albergo».

Di certo c’è che la Maserati Levante intestata al 39enne è transitata tre volte sotto i portali-lettori la mattina del 23 giugno sulla sponda bresciana del Lago di Garda, poi una volta in Spagna, ma i vetri oscurati impediscono di capire con certezza chi fosse a bordo in quel momento. «Eravamo io, Giacomo e nostro figlio», ha fatto mettere a verbale la compagna del latitante.

Le domande degli inquirenti

Ma dopo il 30 giugno dove è andato Giacomo Bozzoli quando si è separato dalla compagna e dal figlio poi tornati in Italia? È la domanda delle domande per chi indaga che sta mettendo gli occhi anche sui paradisi fiscali: da Capo Verde all’Africa fino alla vicina Svizzera dove Bozzoli – che anche a processo non ha mai nascosto di maneggiare molto «nero» per via del lavoro nel campo dei metalli ferrosi – potrebbe aver trasferito capitali nell’arco degli ultimi nove anni. Costruendosi un tesoretto da sfruttare per rimanere lontano dall’Italia. E dal carcere a vita che lo attende dopo la condanna definitiva pronunciata dalla Cassazione lo scorso primo luglio.

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