Pnrr a Brescia: 7.500 progetti in corsa, ma il rischio è l’effetto bolla
Per procedere, si procede: sui 7.507 progetti del Pnrr che devono rigare dritto in direzione marzo 2026 per non perdere i finanziamenti, seppur con qualche fiatone e scongiuro, Brescia sta tenendo il passo. La vera preoccupazione è che, arrivati in fondo, restino però per larga parte solo «i sogni di gloria». Tradotto: tanti spazi nuovi, scintillanti e con tutti i crismi energetici all’avanguardia, oppure servizi giudicati essenziali, che rischiano di fermarsi sul nascere, dopo un unico (seppur emozionante) giro di giostra.
Scuole all’avanguardia e di ultima generazione senza ultime generazioni nei corridoi (perché l’inverno demografico non è affatto al capolinea). Palazzetti nuovi di zecca, ma senza riscaldamento o manutenzioni. Aiuti ad anziani e disabili messi in moto e poi cancellati.
Eccolo, il grande elefante che il Piano nazionale di ripresa e resilienza sta mano a mano trascinando nelle stanze degli enti locali. Comuni e Provincia lo sanno: avranno in dote opere e servizi nuovi di zecca, ma senza un euro per poterli gestire e mantenere in vita. Anche perché i tagli statali iniziano ad accumularsi e già ora la maggior parte dei bilanci pubblici sono sul filo del rasoio.
I numeri
Ma quante opere porta il Pnrr alla nostra provincia? Finché tutto non è compiuto, si parla di progetti: 7.507 sono quelli finanziati complessivamente (per un valore di 2,2 miliardi di euro). Di questi, 1.447 sono quelli presentati dagli enti locali, vale a dire dai 205 Comuni e dal Broletto, per un importo totale di 528.733.600 euro e al momento finanziati per circa l’85% (tra fondi Pnrr e una quota di finanziamenti del Pnc, il Piano nazionale complementare). Per intenderci: in quest’ultimo conto in capo agli enti locali, non sono compresi né i contributi legati a grandi infrastrutture (come la Tav), né le risorse in capo alla Regione.
Il Broletto ha ottenuto complessivamente 87.838.192 euro per la riqualificazione e la messa in sicurezza degli istituti scolastici, delle palestre e dei centri per l’impiego, mentre tra gli investimenti più consistenti del territorio provinciale (ci sono, ad esempio, i 5 milioni destinati alla sede dei Carabinieri di Chiari, come pure per la riqualificazione della casa del Comune di Gussago o, ancora, i 29,5 milioni legati alla nascita del nuovo impianto di trattamento dei rifiuti previsto a Carpenedolo. Il capoluogo ha invece incamerato dal Pnrr complessivamente 72.704.222 euro per 46 progetti, di cui venti già conclusi.
Effetto «bolla»
Se gli amministratori sono ottimisti sul cronoprogramma (anche se «qualche mese di tempo in più non guasterebbe» confessano in molti), la preoccupazione per quel che avverrà dopo la scadenza del Pnrr inizia a farsi sentire: non a caso il tema è stato affrontato anche dalla presidente dell’Acb, Cristina Tedaldi: «Con i continui tagli statali e senza previsioni economiche cuscinetto, come faranno i sindaci a gestire queste nuove strutture e questi nuovi servizi, che hanno bisogno anche e soprattutto di personale?» ha sottolineato Tedaldi.
Questo grattacapo porterà gli amministratori a dover scegliere se aprire l’asilo, la biblioteca, mantenere lo scuolabus, alzare la claire del centro anziani, oppure no. «Il punto è che ci sono una serie di servizi che sono stati attivati grazie ai fondi del Pnrr perché ritenuti essenziali – ricorda l’assessore al Bilancio di Palazzo Loggia, Marco Garza – ma esauriti quegli stanziamenti temporanei sembra che diventino di colpo non più così essenziali visto che non ci sono sostegni economici. Penso, ad esempio, al servizio dedicato agli anziani non autosufficienti. È chiaro che è diventato urgente ripensare al rapporto tra Stato e Comuni».

Ma c’è anche un altro aspetto, su cui ieri in Broletto hanno puntato i fari Agostino Damiolini, delegato alla programmazione scolastica, e il vicepresidente Fabio Rolfi: il calo della popolazione in relazione alla distribuzione dei servizi. L’esempio emblematico riguarda le scuole: da qui ai prossimi dieci-quindici anni, città e provincia perderanno 17mila studenti e la crisi demografica «cancellerà» oltre seicento aule fisiche. Come si riuscirà a gestire economicamente tutti questi poli? Lo stesso vale per il trasporto: «Ha senso fare arrivare il bus con frequenza in paesi con pochissimi studenti, oppure ha senso incentivare le corse dove c’è più utenza? Sono tutte questioni su cui la politica dovrà ragionare in futuro».
Un futuro non tanto lontano: perché i cantieri del Pnrr, tra un anno, dovranno essere finiti. Ma opere e servizi, dopo i tagli dei nastri, ad oggi sono ancora «senza portafoglio». E il rischio è l’«effetto bolla».
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