Per i tecnici di Arpa la Caffaro «ha continuato ad inquinare»

Secondo i consulenti della procura la prova sarebbe nelle concentrazioni di cromo esavalente, che sono addirittura aumentate: la fonte sarebbe proprio la Caffaro Brescia Srl
La Caffaro in via Nullo - © www.giornaledibrescia.it
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La Caffaro inquinava e ha continuato a farlo. A dirlo sono i consulenti di Arpa chiamati in Tribunale dal procuratore aggiunto Silvio Bonfigli e dal sostituto Donato Greco per illustrare davanti al collegio presieduto dalla giudice Francesca Grassani le indagini compiute nell’ambito dell’inchiesta che ha portato a processo, insieme alla Caffaro Brescia Srl, anche i suoi manager Antonio Todisco, Alessandro Quadrelli, Alessandro Francesconi e Vitantonio Balacco.

L’accusa

I quattro sono accusati di disastro ambientale perché non avrebbero adottato le misure necessarie e promesse per limitare le conseguenze del massiccio inquinamento.

In particolare la Procura ritiene che i quattro avrebbero dovuto garantire la piena operatività del sistema di pompaggio dell’acqua della falda, in modo da tenerla sempre a distanza di sicurezza dalle terre del Sito di interesse nazionale inquinato da pcb, clorato, cromo esavalente e mercurio.

Secondo l’accusa, nonostante le indicazioni, Caffaro Brescia non solo non avrebbe provveduto a mettere in sicurezza e sigillare l’impianto acquistato da Snia nel 2011, ma non ha – almeno sino a quando le sono stati sequestrati 7 milioni di euro – nemmeno potenziato la barriera idraulica a protezione della falda.

Le prove dell’inazione

Per i consulenti della procura, nello stesso terreno inquinato, c’è prova dell’inazione degli imputati. «Abbiamo avuto modo di verificare che, nonostante il lavoro delle pompe, l’emungimento di milioni di metri cubi di acqua e il filtraggio di tonnellate di cromo esavalente le concentrazioni – ha spiegato Paolo Olmi, funzionario di Arpa sentito ieri insieme ad Umberto Cassio e a Enrico Alberico – sono addirittura aumentate. Questa la prova che c’era una sorgente attiva dell’inquinamento» e che quella fonte per gli inquirenti era la Caffaro Brescia Srl.

Il processo ai quattro manager, che si sono sempre difesi sostenendo di aver ereditato la disastrosa situazione dalla gestione marcata Snia, è stato aggiornato al prossimo 12 dicembre.

In tutto, fino alla fine di maggio, la giudice Francesca Grassani ha fissato altre cinque udienze.

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