Cronaca

Omicidio di Nuvolento, chiesti 24 anni per Raffaella Ragnoli

È attesa nel pomeriggio la sentenza del processo a carico della 58enne che il 28 gennaio del 2023 uccise a coltellate il marito Romano Fagoni
Omicidio di Nuvolento, Raffaella Ragnoli davanti alla Corte d'Assise
Omicidio di Nuvolento, Raffaella Ragnoli davanti alla Corte d'Assise
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Ventiquattro anni di carcere. Questa la richiesta di pena che il sostituto procuratore Flavio Mastrototaro ha chiesto alla Corte di assise per Raffaella Ragnoli, la 58enne che il 28 gennaio del 2023 uccise con decine di coltellate il marito Romano Fagoni nella cucina di casa a Nuvolento, sotto gli occhi del figlio sedicenne.

Secondo il pubblico ministero non ci sono le condizioni per riconoscere a Raffaella Ragnoli la scriminante della legittima difesa.

Romano Fagoni, uomo con problemi di alcol, disoccupato e da poche settimane dimesso dall’ospedale dopo un infarto, non aveva maltrattato l’imputata in quasi quarant’anni di matrimonio e quella sera non mise in pericolo nè la sua vita, nè quella del figlio.

Per l’accusa quindi l’omicidio è doloso e pure aggravato, nonostante questo però Raffaella Ragnoli per il pm non merita il massimo della pena. All’imputata, per la pubblica accusa, vanno riconosciute le attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle aggravanti che le sono contestate, in virtù dello stress nel quale viveva nel periodo che ha preceduto il delitto e per la collaborazione prestata nel corso delle indagini e del processo.

I difensori chiedono l’assoluzione

Dopo l’intervento del pm, che ha chiesto la condanna della donna a 24 anni, e quello dell’avvocata Cristina Guatta, che assiste il figlio della donna costituito parte civile, i difensori della 58enne hanno chiesto alla Corte di assolverla perché il fatto, chiaramente addebitabile a lei, è stato commesso per legittima difesa. «Raffaella Ragnoli - hanno detto gli avvocati Tommy Bettanini e Anna Maria De Mattei - quando ha visto puntare il coltello al collo del figlio non ha avuto altra via se non quella di agire per difenderlo. Non poteva scappare, né da sola, né con il ragazzino».

I giudici della corte d’assise presieduta da Roberto Spano, in camera di consiglio, si sono portati anche le parole della donna: «Sono distrutta - ha detto Raffaella Ragnoli in aula -. Ogni volta che torno a quella sera mi assale il terrore. È un gesto che non mi appartiene, ero spaventata. Chiedo perdono a tutti quelli che soffrono per quello che ho fatto».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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