Nuove esplosioni contro Hezbollah in Libano
Caos e rabbia in Libano dove per il secondo giorno consecutivo l’esplosione sincronizzata di dispositivi wireless in dotazione ai miliziani di Hezbollah e anche di pannelli solari ha fatto almeno 14 morti e 500 feriti. Dopo le migliaia di cercapersone scoppiate martedì alla stessa ora in tutto il Paese dei Cedri, a Damasco e nella Siria orientale (in un’operazione che anche il creatore di Fauda Avi Issacharoff ha definito «al di sopra di ogni immaginazione»), nel pomeriggio di oggi un’altra ondata di deflagrazioni ha scosso i cittadini libanesi.
La situazione è tale che in serata il premier libanese Najib Mikati ha dichiarato che il suo governo si sta preparando a «possibili scenari» di una grande guerra con Israele. In molte città i residenti si sono riversati per strada protestando nel disorientamento più totale. Un’auto dell’Unifil è stata assaltata con lanci di pietre a Tiro da un gruppo di civili. Walkie-talkie militari e strumenti per rilevare le impronte digitali sono detonati in diverse località del Paese, tra cui il distretto di Dahiya a Beirut, roccaforte del gruppo sciita, e nel Libano meridionale.
Lo scenario
Le immagini rilanciate dai media locali mostrano appartamenti in fiamme dentro condomini, auto bruciate, denso fumo nero, gente che fugge e si dispera. Testimoni hanno riferito di numerose ambulanze che portavano i feriti in ospedale. Altre esplosioni sono state segnalate dai media sauditi in Iraq, nel quartier generale dell’organizzazione terroristica al Hashd al Shaabi a Mosul, nello stesso momento delle deflagrazioni in Libano.
Alla periferia sud di Beirut, esplosioni di dispositivi sono avvenute mentre si svolgevano i funerali di membri di Hezbollah uccisi martedì negli attacchi con i cercapersone. In 1.600 sarebbero ancora ricoverati negli ospedali con ferite anche molto gravi. Cinquecento miliziani hanno perso la vista quando il loro pager è finito in mille pezzi. E anche l’ambasciatore iraniano a Beirut avrebbe perso un occhio e 19 pasdaran sarebbero rimasti uccisi in Siria. Ma gli ayatollah negano.
Alla vigilia del discorso pubblico del capo di Hezbollah, Nasrallah, il cugino e presidente del Consiglio esecutivo del gruppo Hashem Safieddine è stato chiaro: «Questi attacchi saranno sicuramente puniti in modo unico, ci sarà una vendetta sanguinosa», ha detto.
Nel mentre Israele tace. Nonostante l’esecrazione di mezzo mondo, le istituzioni di Gerusalemme non hanno battuto ciglio sul beeper affair per due giorni consecutivi. Teheran ha accusato l’intero Occidente di «ipocrisia» e Israele di «strage». Mosca ha parlato di «guerra ibrida», il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha avvisato del «grave rischio di drammatica escalation in Libano», con il Consiglio di sicurezza che ha fissato una riunione di emergenza per venerdì.
Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, in visita al Cairo per i negoziati su Gaza che continuano sottotraccia, ha escluso che Washington fosse a conoscenza o coinvolta nel cyberattacco. Ma l’operazione che ha letteralmente lasciato storditi i miliziani sciiti a quanto pare non poteva più essere rimandata. Secondo fonti Usa citate da Axios, ad innescarla sarebbe stato il timore che Hezbollah stesse per scoprire il raid informatico: «È stato un momento use it or lose it», avrebbe comunicato Israele agli Stati Uniti sul timing dell’attacco.
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