Dossier Nevediversa: Pezzeda e Montecampione restano impianti dismessi

A dirlo il rapporto 2025 di Legambiente: in Valcamonica avanti gli investimenti per il rilancio ma per l'associazione spendere denaro per strutture sciistiche a quelle quote è oneroso e dannoso per l’ambiente
Il comprensorio Alpe Pezzeda  - © www.giornaledibrescia.it
Il comprensorio Alpe Pezzeda - © www.giornaledibrescia.it
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Nessuna novità per gli impianti bresciani rispetto al report dello scorso anno. Alpe Pezzeda a Collio e Montecampione rimangono tra le strutture di risalita dismesse, nonostante quest’ultimo sia in parte ripartito e ci sia un tentativo di rilancio. Anche per questo, però, gli impianti situati nei comuni di Artogne e Pian Camuno sono inseriti tra quelli «sottoposti ad accanimento terapeutico».

Questa mattina a Milano Legambiente ha presentato il nuovo dossier Nevediversa 2025 «Una nuova montagna è possibile?», con il censimento aggiornato degli impianti legati agli sci tra chiusi, semichiusi e quelli che faticano a restare aperti, un focus sulle Olimpiadi invernali e un’analisi sul fenomeno dell’overtourism e turismo di lusso.

Un report che, rispetto al Bresciano, torna sulla vicenda relativa a Montecampione storcendo il naso sul tentativo di rilancio in atto «destinato – si legge – a ripetere i fallimenti precedenti, data la grave carenza di risorse idriche che rende difficile l’uso di innevamento artificiale». La stagione sciistica 2024-2025 ha visto l’apertura di soli due impianti «baby» a causa della mancanza di neve naturale.

Nel frattempo, la Montecampione Srl sta completando la ristrutturazione del complesso residenziale e dell’hotel Le Baite, ma il progetto, oltre a essere economicamente oneroso, risulta poco praticabile per un uso parziale. Per l’hotel Alpiaz, ancora in condizioni precarie, non sono state fornite tempistiche per una possibile ristrutturazione». Insomma, secondo Legambiente investire denaro per rilanciare le strutture legate agli sci a quelle quote è oneroso e dannoso per l’ambiente.

Poca neve

Il problema è che dalle Alpi agli Appennini nevica sempre meno. Il campanello d’allarme arriva dal numero degli impianti dismessi ad alta quota, ma anche dall’aumento dei bacini di innevamento artificiale per «fabbricare» la neve.

Tentativi di innevamento artificiale a Montecampione - Foto © www.giornaledibrescia.it
Tentativi di innevamento artificiale a Montecampione - Foto © www.giornaledibrescia.it

Nella Penisola sono 265 le strutture legate agli sci non più funzionanti, un dato raddoppiato rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 132. Piemonte (76), Lombardia (33), Abruzzo (31) e Veneto (30) sono le regioni ad oggi con più strutture dismesse e che risentono, insieme al resto della Penisola, di una crisi climatica che anche in montagna lascia sempre più il segno, con nevicate in diminuzione e temperature in aumento, e un turismo invernale che diventa più costoso e in alcuni casi di lusso a discapito del portafoglio e dell’ambiente.

Aumentano anche i bacini di innevamento artificiale: 165 quelli mappati ad oggi in Italia tramite le immagini satellitari per una superficie totale pari a 1.896.317 mq circa. Il Trentino-Alto Adige è la regione con più bacini censiti (60), seguita da Lombardia (23), e Piemonte (23). La Valle D’Aosta, invece, conta 14 bacini ma primeggia in termini di mq, ben 871.832.

Le strutture temporaneamente chiuse sono in totale 112, mentre sono 128 quelle un «po’ aperte, un po’ chiuse». Salgono a 218 gli impianti sottoposti ad «accanimenti terapeutici», distribuiti in 36 comprensori, e più che raddoppiati rispetto al 2020 quando ne erano stati censiti 103. Il numero più alto in Lombardia (59), Abruzzo (47), Emilia-Romagna (34). Resta invariato, invece, il numero degli impianti smantellati e riusati, rispetto all’anno precedente, attestandosi a 31; salgano a 80 gli edifici fatiscenti censiti e sono 15 le storie di brutti progetti segnalati nel report.

Nel report, Legambiente fornisce una serie di azioni da mettere in campo per fronteggiare la crisi climatica che vanno da azioni di mitigazione e adattamento e più finanziamenti per il turismo dolce, accompagnati da una migliore gestione del territorio replicando le buone pratiche.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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