È morto Aurelio Marchesi, l’ultimo reduce della Valsabbia

Ubaldo Vallini
Esile ma forte, in prima fila a ogni celebrazione, se n’è andato a 101 anni appena compiuti
Aurelio Marchesi aveva 101 anni - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
Aurelio Marchesi aveva 101 anni - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
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È stato seppellito ieri nella Provaglio Valsabbia che gli aveva dato i natali, anche se ha sempre abitato a Barghe, dopo i funerali officiati nella parrocchiale. Si chiamava Aurelio Marchesi ed era l’ultimo reduce della zona: classe 1923, 101 anni compiuti lo scorso 26 dicembre. È vissuto come ha sempre voluto, nella sua bella casetta, attorniato dall’affetto del fratello Umberto e della sorella Donata, dai nipoti discendenti di una vasta famiglia. Durante le esequie sono intervenuti anche i due sindaci Massimo Mattei e Giovanbattista Guerra, per delinearne la figura.

Chi era

Era un uomo minuto, «60 chilogrammi di energia pura». Esile ma forte come una roccia, molto presente nella comunità per la quale prestata continuo interesse, anche delle vicende amministrative. Fino al 2022 è stato lui in prima persona a tenere alto il vessillo dei Combattenti e reduci in occasione della commemorazione del 4 Novembre. «Per ricordare a tutti che la guerra è la cosa più brutta che ci sia» aveva detto in un’intervista andata in onda su Teletutto in occasione di un «In piazza con noi», quando di anni ne aveva 99.

In quell’occasione aveva ripercorso le vicissitudini che l’avevano portato ad arruolarsi all’età di 19 anni nel IV Reggimento artiglieria. Prima l’inquadramento al Distretto di Mantova, poi l’addestramento al porto di Anzio, dove i tedeschi gli insegnarono ad usare i cannoni: «Avevamo una divisa pesante, che dovevamo sempre tenere abbottonata ed eravamo sempre di corsa, anche d’estate, e questo mi causava grande fatica» ricorda, avvezzo a climi più temperati.

L’omaggio di Mattarella

Sembra non abbia partecipato direttamente ad alcun combattimento. Il peggio è arrivato dopo l’8 settembre, quando hanno caricato tutti sui treni diretti ai campi di lavoro forzato della Germania. Dalle parti di Lipsia viene impiegato sulle linee telefoniche distrutte da continui bombardamenti, soffre il freddo e la fame.

Quando arrivano i russi viene graziato sull’orlo di una fossa comune da un capitano contento per il lavoro che aveva svolto. L’anno scorso, al compimento dei 100 anni, ha chiesto al suo sindaco di scrivere al «capo dell’Italia»: «Anche quando ero prigioniero ero fiero di essere italiano».

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha prontamente risposto al primo cittadino: «Mi ha fatto grande piacere ricevere le parole del signor Aurelio Marchesi. La prego di dirgli che gli sono davvero molto grato per questo messaggio e aggiungo i miei auguri ai tanti che avrà certamente ricevuti».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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