Morta in A4, dietro l’omicidio di Giada Zanola il matrimonio annullato e il tentativo di depistaggio
L'autostrada che scorre sotto il cavalcavia di Vigonza, dove Giada Zanola ha perso la vita, è un fiume ininterrotto di camion e di macchine. La mamma 33enne che stava per chiudere la storia con il suo compagno, Andrea Favero, non ha avuto scampo quando lui, alle 3.30 di mercoledì, l’ha scaraventata oltre la recinzione del viadotto, facendola finire 15 metri di sotto, dove un camion non ha potuto evitarla.
L'assassinio di Giada Zanola, mamma di un bimbo di 3 anni, è storia di violenza emersa un po’ alla volta. Quando i soccorsi sono arrivati prima dell'alba di mercoledì sulla carreggiata in direzione Milano, per un corpo dilaniato dai veicoli, hanno pensato ad un suicidio.
Il tentativo di depistaggio
Che fosse invece l'epilogo di un femminicidio gli investigatori della Polizia di Padova l'hanno capito quando si sono trovati di fronte Andrea Favero, e il suo castello di scuse. Aveva tentato di precostituirsi un alibi, - riporta il provvedimento di fermo della Procura - addirittura inviando messaggi sul telefono di Giada quando tutto era già finito, alle 7.38 di mercoledì: «Sei andata al lavoro senza nemmeno salutarci» aveva scritto. E ai poliziotti aveva spiegato che la sera prima, con il figlioletto, era andato «tranquillamente a dormire».
Un alibi durato poco. Prima davanti agli investigatori, negli uffici della Polstrada, poi di fronte al Pm Giorgio Falcone, Favero è crollato. Ha fatto alcune ammissioni, poi, quando il racconto lo poneva in cima al cavalcavia, assieme a Giada, si è difeso dicendo con un «non ricordo più nulla». Saranno gli inquirenti, insomma, e soprattutto l'autopsia, a dover ricostruire come è stata ammazzata Giada Zanola. Come è possibile che Andrea, se non dopo averla stordita, magari picchiandola pesantemente prima, sia riuscito a sollevarla oltre la griglia di recinzione del ponte autostradale, per gettarla di sotto.
Il matrimonio annullato
Gli amici del 39enne lo hanno descritto come un uomo «molto possessivo e geloso», al quale Giada aveva già detto che la loro storia era finita. E lui, racconta qualcuno, forse temeva che Giada non gli avrebbe fatto vedere più il bambino. Favero, sono convinti gli investigatori, l'avrebbe malmenata altre volte in passato. Anche se lei non aveva mai denunciato. Sui polsi l'indagato aveva lividi ed escoriazioni, forse i segni di difesa di Giada in precedenti episodi anche se non molto tempo fa, i due avevano deciso che si sarebbero sposati. Le nozze erano previste a settembre. Ma Giada aveva annullato tutto.
Finora la 34enne aveva lavorato in una profumeria a Vigonovo: «Era una persona splendida» dice una collega. Ed un'altra amica aggiunge: «Era una ragazza meravigliosa, piena di vita». Neppure il fratello di Giada, Daniel Zanola, che vive a Brescia, dove la giovane era nata, aveva sospetti sul clima in quella casa. «Qualche litigio, come in tutte le coppie, ma Giada non ci aveva mai detto che lui fosse stato violento o che la situazione fosse grave».
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