Minori stranieri e soli, ora a Brescia è Sos accoglienza
Koné non è più minorenne e, dopo mesi di limbo, non è più completamente solo. Ha quasi diciannove anni, ma sembra già vecchissimo. È arrivato a Brescia un anno e mezzo fa, dopo essere partito dal Gambia insieme a un amico che ora non c’è più: «L’ho visto morire durante il viaggio, insieme alla metà delle persone che lo hanno intrapreso insieme a noi, ma è una consapevolezza che si ha già in partenza» ricorda.
Oggi lavora come può, vive ai confini di via Milano, si è fatto qualche amico con cui divide – come in una famiglia – denari e nostalgie ed è uno dei molti nomi finiti nella trafila della lunga lista d’attesa per ottenere i documenti e il permesso di soggiorno.
Ostacoli
Questa, però, è solo la fine della sua storia: per arrivare fin qui, ad avere cioè un tetto sulla testa e una piccola rete d’appoggio, Koné ha attraversato tutte le caselle del percorso a ostacoli che un minore straniero non accompagnato si trova di fronte. Ha dormito d’estate al parco («dietro, e non sopra, una panchina, perché in questo modo ti si nota meno»), qualche volta è riuscito a guadagnarsi un posto al dormitorio, ha mangiato panini offerti dai passanti.
«Stavo in giro tutto il giorno, le settimane sembravano mesi, era molto facile finire per rovinarsi la vita e scivolare in qualche soluzione apparentemente facile. Poi, abbiamo unito le forze e ora, noi quattro, insieme, ce la facciamo». Ma non c’è sempre un «lieto fine» per un minore straniero non accompagnato che approda in Italia: per legge la presa in carico spetta ai Comuni, ma il sistema sta (letteralmente) andando in tilt, soprattutto nei capoluoghi. E Brescia non fa eccezione: anzi.
L’identikit
«Oggi noi siamo al limite, la città è già oltre la sua capienza, non siamo in grado di andare oltre questi numeri» conferma la sindaca Laura Castelletti. Per capire quanto oltre, basta sfogliare l’ultimo report aggiornato alla fine di novembre, che racconta come il numero dei minori stranieri e soli sia in preoccupante aumento. Attualmente sono 290 gli under 18 per i quali la Loggia ha organizzato una sistemazione in strutture ad hoc, creando di fatto una sorta di Cas (acronimo di Centri di accoglienza straordinaria) informali.
Solo nell’ultimo anno, i nuovi arrivi sono stati 147, principalmente da Egitto (83), Tunisia (44), Marocco (sei), Albania (cinque), Pakistan (tre), Kosovo (due), Gambia (due), Bangladesh (uno) e Perù (uno), ma allargando il campo anche agli arrivi degli anni passati tra le nazioni d’origine spiccano anche Guinea, Ucraina, Costa d’Avorio e Afghanistan.
“Nascosti in Piena Vista” è il nostro ultimo report pubblicato. Il focus è il passaggio alla maggiore età dei minori migranti soli, un passaggio critico che rischia di interrompere il loro percorso di crescita. #msna https://t.co/pjl9PpPAXb @SaveChildrenIT
— Daniela Fatarella (@DF_SaveChildren) December 19, 2024
Il dossier aggiornato dal Comune traccia anche una sorta di identikit: si tratta pressoché esclusivamente ragazzi, di età compresa tra i 16 e i 18 anni non ancora compiuti. Affrontano viaggi di fortuna, spesso transitando per la Libia, dove trascorrono periodi di lavori forzati prima di arrivare al mare. Una volta in Italia, si sistemano nei centri di accoglienza nel sud, da dove – si legge nel rapporto – «fuggono con facilità per raggiungere le città del Nord: si presentano quindi spontaneamente alle forze dell’ordine per essere collocati in protezione». In molti casi, suonano il campanello della Questura a notte fonda, o intercettano un agente in servizio nella zona della stazione.
Sbilanci
Siccome i posti nella rete Spar e Sai sono tutti saturi, «è stato necessario organizzare un sistema d’accoglienza parallelo, seppur finanziato dal Ministero dell’interno, attraverso la Prefettura». Nel solo 2024 il Comune di Brescia ha speso circa 9,2 milioni di euro per l’assistenza ai minori non accompagnati: l’intera somma sarà sì recuperata attraverso i trasferimenti del Ministero dell’interno, ma la Loggia deve anticiparla.
Non solo. A questo si aggiungono spese in toto a carico dell’Amministrazione: oltre 370mila euro (371.671,78 euro per la precisione) che ogni anno escono dalle casse pubbliche del capoluogo. A cosa servono? Si tratta di spese vive: c’è un team composto da una quindicina di persone che si occupano dei servizi di emergenza e di integrazione, di affrontare disagio e dipendenze, ci sono educatori, psicologi e mediatori linguistici. Tutte figure necessarie, ma gestite (e pagate) unicamente dal territorio.
«Il punto vero, di cui si è parlato anche durante l’ultima assemblea dell’Anci a Torino – spiega la sindaca – è che non tutti i Comuni possono permettersi degli sbilanci contabili come Brescia: i rimborsi da Roma hanno tempi lunghi, arrivano nell’arco di un anno e i piccoli enti hanno già in partenza bilanci ristretti, dunque fanno molta fatica ad anticipare risorse per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati».
Castelletti non ne fa solo una questione di risorse economiche: «Della questione immigrazione sono sempre e solo i centri più grandi, i capoluoghi, a farsene carico. Ma il tema andrebbe affrontato a monte: è evidente che le questioni dei flussi e degli arrivi non siano governate a livello statale. Preso atto di questo – prosegue la sindaca di Brescia – servirebbe una distribuzione più capillare ed equa a livello territoriale: lo Stato riconosce un’emergenza di cui però non si occupa».
Nel limbo
C’è poi un secondo aspetto: la maggior parte dei minori stranieri non accompagnati ha 17 anni e la vicinanza alla maggiore età rende tutto più complicato, perché poi c’è il salto nel buio dei 18 anni. «Le prospettive di chi diventa maggiorenne sono molto difficili – conferma Castelletti –: a quel punto, diventano adulti e non sono più competenza nostra. Noi cerchiamo di lavorare con le realtà associative e con le cooperative, ma non è sempre semplice dati i numeri degli arrivi». L’appunto è ancora una volta rivolto a Roma: «Il Governo – rimarca la sindaca – non si può fermare solo al rimborso degli under 18, serve una progettualità e servono dei percorsi di inserimento. Senza contare che i tempi lunghissimi per la cittadinanza non aiutano».
Vorrebbero lavorare, hanno fretta di mandare soldi alle loro famiglie che si sono indebitate per farli partire, ma si scontrano con tempi infiniti. Dall’altro lato, quello dei Comuni, la concentrazione degli arrivi nei capoluoghi impedisce di seguire con qualità le persone che, diventate maggiorenni, entrano in un limbo, come ha spiegato Koné. Per i più è in questo momento che s’innesca il secondo tempo di un incubo iniziato con il viaggio verso speranze migliori. Perché per questi bambini già adulti, l’infanzia è finita da un pezzo. Ma è da maggiorenni che rischiano di perdersi. Soli, davvero.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.