Milioni sotterrati in giardino a Gussago: l’appello blinda le condanne

Dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal pm: quattro anni alla famiglia Rossini per la frode fiscale. Condannati anche i tre imprenditori accusati di aver beneficiato del giro di fatture false
Gli scavi che avevano portato alla luce il denaro © www.giornaledibrescia.it
Gli scavi che avevano portato alla luce il denaro © www.giornaledibrescia.it
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La Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal pm. Le condanne inflitte a Giuliano Rossini, a sua moglie Silvia Fornari, a loro figlio Emanuele, alla cognata di Rossini, Marta Fornari, ma anche a Carlo Paganotti, Michele Logiudice e Marco Pesenti, i tre imprenditori accusati di aver beneficiato del giro di fatture false milionario organizzato dall’imprenditore gussaghese e venuto alla luce insieme a pacchi di milioni di euro in contanti intombati nel suo giardino, restano quelle stabilite il giudice dell’udienza preliminare Cristian Colombo.

Per quella frode da 90 milioni di euro e per quei 15 milioni dissotterrati nel settembre di due anni fa, Rossini e la moglie (il primo in carcere dal settembre ’22, la seconda tornata in cella dopo aver passato mesi ai domiciliari) dovranno scontare quel che resta loro dei quattro anni che gli erano stati inflitti in primo grado. Il figlio, la cognata e Paganotti il resto dei 3 anni e 10 mesi divenuti definitivi ieri, mentre Pesenti e Logiudice quel che avanza dei 2 anni e 8 mesi e dei due anni rispettivamente inflitti al primo e al secondo.

L’errore formale

La Corte d’Appello ha corretto l’errore formale contenuto nella sentenza di primo grado, nel punto in cui non estendeva la confisca dei beni a quelli futuri, fino a concorrenza dell’equivalente frodato al fisco, ma ha anche più che dimezzato l’importo di quella inflitta a Logiudice, portandola a 213mila euro, contro da mezzo milione di euro stabilita in primo grado.

All’appello che si è celebrato ieri si è arrivati in seguito ad un duplice ricorso. Quello di Logiudice e quello del sostituto procuratore Claudia Passalacqua, titolare del fascicolo sulla maxievasione. Non potendo ricorrere in appello perché la sentenza di primo grado aveva accreditato il suo impianto accusatorio e non si era prodotta in modifica alcuna delle imputazioni, la pm si è rivolta alla Cassazione ritenendo illegale (e troppo bassa) la pena inflitta agli imputati. Gli ermellini hanno dirottato il ricorso alla Corte d’Appello, per la sola valutazione della sanzione, alla quale nel frattempo si era rivolto anche l’imputato.

Ieri il processo e la decisione che ha messo una pietra sopra la vicenda e stabilito che per saldare una frode da decine di milioni di euro anche quattro anni di carcere possono bastare.

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