Migranti cattolici in duomo, il vescovo: «Siamo famiglia di popoli»
La migrazione come «dimensione della vita umana», da non vivere con «tristezza e vergogna». La diversità tra le culture come «ricchezza». E la vocazione della Chiesa, «chiamata a creare unità nella diversità». Questi alcuni passaggi dell’omelia che il vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada ha pronunciato questa mattina in un Duomo gremito di fedeli e di rappresentanti delle tante comunità cattoliche di origine straniera di Brescia, riunite nella cattedrale cittadina in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato.
L’esperienza della migrazione
«In questa giornata siamo invitati da papa Francesco a ragionare sull’esperienza della migrazione che molti di voi – ha detto il vescovo ai fedeli con passato migratorio – hanno vissuto e in un certo senso ancora vivono: un’esperienza che non va guardata con tristezza o vergogna, perché non è di per sé un’esperienza negativa come talvolta qualcuno induce a pensare. Purtroppo – ha aggiunto Tremolada – ancora oggi la migrazione è vissuta da molti in modo negativo: questo succede quando avviene in maniera pericolosa, quando è contrastata e avversata da paure e pregiudizi, quando subisce gli effetti di un’ingiustizia diffusa. A causa della migrazione ancora oggi troppe persone diventano vittime».
Invece, ha detto il vescovo richiamando le parole diffuse del papa per la giornata, la migrazione è metafora stessa della condizione dell’uomo: «Il papa ci ricorda che la migrazione è una dimensione della vita umana – ha detto il vescovo di Brescia –, che è un continuo cammino: soprattutto in quest’epoca storica, in cui le trasformazioni si rincorrono e la vita assomiglia quasi a una corsa».
La Giornata del migrante e del rifugiato
Il titolo scelto dal papa per la Giornata del migrante e del rifugiato di quest’anno è «Dio cammina con il suo popolo», un messaggio ripreso nelle sue parole introduttive dal coordinatore dell’Area pastorale per la Mondialità della Diocesi don Roberto Ferranti: «Siamo qui per ricordarci che questo cammino è possibile perché siamo una Chiesa e un territorio capace di accoglienza», ha detto.
Alla fine della sua omelia il vescovo ha infine ricordato come la Chiesa sia «una famiglia di popoli» uniti nella differenza e come questo sforzo di cercare la concordia nella diversità sia lo stesso capace in generale di creare i presupposti per la pace: «Capiamo cos’è la pace quando pensiamo a cos’è la guerra – ha detto il vescovo –. La guerra mette le persone le une contro le altre, la pace è invece l’accoglienza reciproca delle persone: è mettersi assieme, riconoscere ciò che l’altro ha da darmi e aver piacere di dare io a lui, ringraziandoci a vicenda perché ciò ci arricchisce».
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