Messa in suffragio di papa Francesco, l’omelia del vescovo di Brescia

La Redazione Web
Ieri sera in Duomo è stata celebrata la funzione, in una cattedrale affollata come raramente accade. Nell’articolo il testo completo del Pastore della Chiesa bresciana mons. Tremolada
L'omelia del vescovo Pierantonio Tremolada
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Ieri sera in Duomo di Brescia è stata celebrata la messa in suffragio di papa Francesco, presieduta dal vescovo Pierantonio Tremolada. La cattedrale affollata come raramente accade è stato il segno del legame fortissimo tra Bergoglio e il suo popolo.

E di seguito pubblichiamo l’omelia completa del Pastore della Chiesa bresciana.

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,

siamo qui riuniti per celebrare insieme questa santa Eucaristia in suffragio di papa Francesco. Lo facciamo pensando a lui con sincero affetto e con viva riconoscenza, chiedendo al Padre del Signore nostro Gesù Cristo che lo accolga nella comunione dei santi, ricompensandolo per la scia di bene che lascia nella storia della Chiesa e dell’intera umanità.

Egli lo ha chiamato ad essere successore di Pietro e pastore della Chiesa universale in un tempo che ha segnato e ancora sta segnando un cambiamento d’epoca, quel cambiamento di cui papa Francesco è stato pienamente consapevole, offrendo a tutti noi una testimonianza esemplare e un magistero sapiente e coraggioso, che già si è trasformato in patrimonio della Chiesa di ogni tempo.

Egli ha raccolto, in piena sintonia con i suoi predecessori, l’eredità del Concilio Vaticano II e ha spronato la Chiesa ad essere aperta alla missione, custode della speranza del mondo, appassionata per l’annuncio di quel Vangelo che è capace di dare a ogni vita pienezza e felicità.

Ci rimarranno sempre impresse e sempre ci ispireranno le espressioni con le quali papa Francesco ha voluto qualificare la Chiesa nel suo rapporto con il mondo.

  • La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco
    La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco - La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco
    La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco
    La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco
    La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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    La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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    La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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    La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco
    La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco
    La messa in Duomo in suffragio di papa Francesco - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it

Una «Chiesa in uscita» (Evangelii Gaudium n. 20), che non attende ma va incontro, che non si presenta mai con un volto triste, che fa sentire tutta la freschezza del Vangelo; una Chiesa dove «ogni cosa dovrà diventare un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione» (Evangelii Gaudium n. 27).

Una Chiesa che è come un “ospedale da campo” dopo una battaglia, che accoglie tutti, tutti, tutti, specialmente quelli che sono feriti, nel corpo e nello spirito; una Chiesa che è capace di fasciare le piaghe, di dare consolazione, di offrire sempre la possibilità di riscatto, nel nome del suo Signore.

Una «Chiesa dei volti», che, avendo contemplato il volto misericordioso del Cristo crocifisso, riconosce nel volto di ciascuno la sua nobile immagine, soprattutto in quello dei poveri, degli ultimi, dei più piccoli, di quelli che il mondo pone all’ultimo posto.

Una Chiesa che è «carovana solidale» perché ha accolto e trasmette la mistica del vivere insieme, di mescolarsi, di prendersi in braccio, una Chiesa che si sente invitata dal suo Signore alla «rivoluzione della tenerezza» (Evangelii Gaudium, 88).

Una Chiesa, infine, che ha fatto proprio l’invito del Giubileo e si presenta come un popolo di pellegrini di speranza, umile e forte insieme, custode del futuro perché impegnata a seminare nel presente germi di pace e di giustizia.

Appassionato per i destini del mondo e severo nel suo atteggiamento di fronte a un modello di società che considerava troppo condizionato da un paradigma pericoloso, imperniato sulla economia del profitto e sulla tecnologia freddamente votata al suo servizio, papa Francesco ha proposto, in particolare nella sua enciclica Laudato Sì, il modello alternativo di una ecologia integrale, il cui principio guida è la dignità di ogni persona e il cui obiettivo è il bene comune, che include a pieno titolo anche il rispetto per il creato. In questa proposta egli si ispirava al santo di Assisi, di cui portava il nome, del quale diceva: «In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore» (Laudato sì, 10).

Siamo tutti fratelli!, amava ripetere papa Francesco. A questa verità che considerava essenziale aveva dedicato una lettera enciclica, nella quale aveva fatto risuonare le grandi parole della comunione che Dio da sempre desidera per i suoi figli: la fraternità, la solidarietà, l’amicizia sociale, il rispetto, la benevolenza, la gentilezza, il perdono.

In piena sintonia con san Paolo VI, il papa che tanto amava, egli considerava l’incontro e il dialogo le grandi vie che l’umanità è chiamata a percorrere nell’edificazione della vera civiltà. Le diverse religioni, assunte dalle coscienze rette come sentieri che conducono a Dio, erano ai suoi occhi la garanzia per un mondo di giustizia e di pace.

Anche per questa fraternità egli sentiva forte il messaggio che gli giungeva da san Francesco, colui che «chiamava fratello il sole, il mare il vento, ma sapeva di essere ancor più unito a quelli che erano della sua stessa carne», senza alcuna distinzione. Di lui diceva: «Dappertutto seminò pace» (Fratelli tutti, 2) ed era affascinato dal saluto che aveva insegnato ai suoi frati: «Pace e bene!».

La bellezza dell’amore umano lo aveva colpito interiormente e di questo amore ha voluto cantare la bellezza. Ne è nata l’esortazione apostolica Amoris Laetitia, il testo più lungo da lui scritto, nel quale papa Francesco canta l’amore come la realtà che più avvicina l’umo a Dio, che anzi lo rende pienamente simile a lui, l’amore che porta in sé il segreto insondabile da cui attinge la sua verità come da una sorgente. «L’amore che ci promettiamo – scrive – supera ogni emozione, sentimento o stato d’animo, sebbene possa includerli. È un voler bene più profondo, con una decisione del cuore, di appartenersi, di condividere la vita intera, di continuare ad amarsi e di perdonarsi … Ma nulla di questo è possibile se non si invoca lo Spirito Santo» (Amoris Laetitia, 163-164).

Vi è poi l’ultima Lettera Enciclica, quella dedicata all’amore divino e umano del Cuore di Gesù Cristo, lo scritto di papa Francesco che forse si potrebbe considerare il suo testamento spirituale. Qui il suo cuore si apre a svelare una sorta si segreto interiore, ciò che lo guidava, lo sosteneva, lo consolava, gli dava pace e lo rendeva forte.

A questa sorgente egli ha attinto in particolare in questo ultimo tempo di debolezza e malattia, ma intuiamo che a questa fonte egli si è sempre dissetato. Ecco le parole con cui egli conclude questo scritto che consegna in eredità alla Chiesa: «Prego il Signore Gesù che dal suo cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di acqua viva per guarire le ferite che ci affliggono, per rafforzare la nostra capacità di amare e di servire, per spingerci a imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale, e fraterno. Questo fino a quando celebreremo felicemente uniti il banchetto del Regno celeste. Lì ci sarà il Cristo Risorto, che armonizzerà tutte le nostre differenze con la luce che sgorga incessantemente dal suo Cuore aperto. Che sia sempre benedetto!» (Dilexit Nos, 220).

Pierantonio Tremolada

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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