Maria Rosa Loda (Cisl): «Sistema sanitario, la tenuta è a rischio»

L’analisi: «Sono fondamentali gli interventi definiti e costruiti dai Piani di zona»
Maria Rosa Loda, componente della Segreteria provinciale della Cisl © www.giornaledibrescia.it
Maria Rosa Loda, componente della Segreteria provinciale della Cisl © www.giornaledibrescia.it
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«La questione principe è che gli anziani, soggetti fragili, portano con sé alcuni problemi legati alla spesa sociale e in primis quella sanitaria, un comparto che già oggi non gode di risorse sufficienti». Le lenti per osservare l’allarme demografico sono tante, i punti di vista per interpretare il contesto sono diversi.

Maria Rosa Loda, componente della Segreteria provinciale della Cisl, comincia con il fotografarne un aspetto, che è in realtà legato a filo diretto a tutti gli altri. Perché se non regge il sistema sanitario non regge neanche il delicato equilibrio del sistema previdenziale. E quindi il Paese rischia di andare in crisi, in un effetto domino nel quale «potrebbero esserci ricadute sulla crescita economica». Ecco perché lo sguardo della Cisl è rivolto alle strategie legate in massima parte all’attività di chi gestisce i territori.

Metodo

Come i Piani di zona, quegli strumenti fondamentale per definire e costruire il sistema integrato di interventi e servizi e lo strumento territoriale privilegiato per la condivisione e la concertazione delle politiche sociali che permette di fissare le modalità organizzative dei servizi, di rilevare i bisogni e le risorse e rende possibile la creazione di modalità di collaborazione tra i diversi attori che operano sul territorio.

«Proprio in queste settimane ci stiamo confrontando per il nuovo Piano di zona in vigore dal 2025 al 2027 – spiega Loda – e stiamo facendo molte proposte di intervento sull’invecchiamento attivo e su forme sperimentali di coabitazione generazionale capaci di promuovere la solidarietà orizzontale-verticale che combatta la solitudine».

E poi c’è la grande partita legata alle politiche salariali attuali: «Perché d’altronde la previdenza è il riflesso di queste politiche salariali. Sappiamo che negli ultimi anni le contrattazioni hanno mostrato qualche limite e gli stipendi italiani sono rimasti i più fermi di tutta l’area Ocse. In questo senso le aziende e i sindacati possono fare la propria parte, anche per la promozione del welfare aziendale di secondo livello, che affianca ma non sostituisce quello pubblico». Insomma, una corsa contro il tempo (e contro i numeri del rapporto tra invecchiamento e denatalità).

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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