Lo studio: «A Brescia non c’è emergenza baby gang»
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Esiste un’emergenza baby gang a Brescia? Gli episodi di cronaca, anche recenti, raccontano di giovanissimi coinvolti in risse, aggressioni e furti. Da una ricerca del Comune, con dati della Polizia locale, e in collaborazione con l’Università degli studi di Brescia, sulle aggregazioni giovanili e gli spazi urbani, da gennaio 2023 a marzo 2024 e presentato in un convegno a Palazzo Martinengo delle Palle assieme ad uno studio analogo fatto dalla Regione Emilia Romagna – Brescia è una delle tre realtà in Italia, la terza è Milano, ad averlo effettuato – emerge tuttavia che il fenomeno è più complesso e mobile.
«Non si può parlare di emergenza per Brescia», dice l’assessore comunale alla Sicurezza, Valter Muchetti. Perché dalla ricerca risulta che i grandi gruppi di ragazzi – registrati in zone come piazza Vittoria, Mercato e Bruno Boni – hanno nella maggior parte finalità di socializzazione e aggregazione. E che quando commettono reati sono in gruppi più piccoli, di tre quattro persone, che si staccano da quello principale, non sempre hanno un leader e sono fluidi, ovvero cambia la composizione.
«Quindi non si può parlare di baby gang. È emersa una sproporzione tra quella che è la rappresentazione mediatica del fenomeno e i dati giudiziari – premette Elisa Daeder, commissario capo della Locale –. La sovraesposizione spesso influenza la percezione».
La ricerca
Lo studio ha utilizzato i dati degli interventi gestiti tramite la Centrale operativa e dell’attività di polizia giudiziaria della Locale e quelli dei minori e giovani in carico ai servizi sociali per ragioni di giustizia.
Per quanto riguarda i primi, su 250 interventi su segnalazione solo in 35 casi è stata necessaria l’identificazione e i reati penalmente rilevanti non erano statisticamente importanti. Su 49 denunce di polizia giudiziaria, invece il 40% riguardava italiani e di questi i due terzi erano di seconda generazione. I reati commessi erano principalmente furto e furto aggravato, rapina, oltraggio, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale. Tra le macro categorie individuate, ci sono i cosiddetti maranza, immigrati o di seconda generazione.
Muchetti aggiunge: «L’esposizione sui social e l’occupazione di spazi urbani per i maranza sono una sorta di rivalsa in una società in cui non si riconoscono». È necessario, dicono l’assessore, Carlo Alberto Romano, pro rettore della Statale e Gian Guido Nobili, responsabile dell’area Sicurezza, Legalità e Polizia locale della Regione Emilia Romagna «fronteggiare il fenomeno con strumenti di lettura idonei”. “L’approccio giusto - prosegue Muchetti - è multidisciplinare, ovvero coniugare il controllo ad opportunità di aggregazione e socializzazione. Noi l’abbiamo applicato ad esempio a Sanpolino, San Polo Parco e Piazza Vittoria, dove la tensione si è abbassata”.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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