La Mille Miglia in epoca fascista diventa caso di studio in Europa

Elena Pala
La storia della «corsa più bella del mondo» sarà raccontata al convegno dell’Università di Costanza dedicato alle «Cultures of Automobility»
Anno 1928, operazioni alla vigilia: i numeri alle macchine - © www.giornaledibrescia.it
Anno 1928, operazioni alla vigilia: i numeri alle macchine - © www.giornaledibrescia.it
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Sin dalla sua comparsa, l’automobile è stata vista sì come mezzo di locomozione, come prodotto della tecnologia che rivoluziona i trasporti, ma altresì come protagonista di trasformazioni culturali e sociali, legate ai temi della libertà, del progresso, del benessere, dell’ambiente.

La conferenza

Su questi molteplici spunti scientifici si incentra la conferenza internazionale in cantiere da oggi all’11 ottobre presso l’università tedesca di Konstanz dal titolo emblematico «Cultures of Automobility» riguardante in modo particolare l’arco cronologico compreso tra il 1890 e il 1929. Un convivio aperto ad accademici provenienti da numerosi Stati (Italia, Germania, Turchia, Svizzera, Regno Unito, Norvegia, Portogallo, India, Canada, Francia, Olanda, Slovenia, Stati Uniti) e selezionati tramite una Call for Conference Papers.

L’Italia sarà presente con tre studiosi, tra cui chi scrive (afferente all’Università degli Studi di Milano) con un intervento dal titolo «Automobility and Tourism in Italy in the 1920s: the 1000 Miglia case», ossia, la Freccia Rossa vista come testimone e protagonista di un periodo storico.

In epoca fascista

Le edizioni della coppa raccontano la politica di motorizzazione del regime fascista. Sono anni in cui le comunicazioni stradali si rilanciano. La stessa macchina organizzativa della gara bresciana si fa promotrice di interventi lungo tutto il percorso con il supporto degli enti locali. Si sistemano le vecchie strade a macadam (pavimentate con pietrisco pressato mediante rollatura e amalgamato col suo stesso detrito) e quelle sottoposte nel primo dopoguerra a cilindrature.

Il fascismo investe molte energie sull’automobile. Sostiene la motorizzazione privata. Adotta misure protezionistiche a favore dell’industria automobilistica nazionale. Esulta alla prima edizione della coppa nel 1927 per la vittoria dell’équipe OM Ferdinando Minoia-Giuseppe Morandi.

«Questa prova automobilistica - si legge nel manifesto murale diffuso nel ’27 in 115 comuni attraversati dal percorso dall’Ac Brescia, ente organizzatore della Freccia - deve servire non solo a diffondere la passione dell’automobilismo, ma a dare il senso della più grande educazione stradale e della più alta disciplina nazionale».

Disciplina

E «disciplina», una delle parole d’ordine del «primo automobilista d'Italia», Mussolini, viene applicata anche allo sport, settore privilegiato per irregimentare le giovani generazioni. Ne sono ammesse dal 1928 anche le donne, concorrenti anche loro di alcune edizioni della coppa.

La «vita è audacia», recita la retorica del regime, e «l’automobilismo è vita». Non solo. È anche turismo. E alla promozione del territorio punta la stessa 1000 Miglia con il proprio spettacolo a quattro ruote viaggiante lungo le regioni italiane. Un binomio automobilismo-turismo che i bresciani avevano istituito sin dalla loro prima corsa organizzata nel 1899 e ribadito nelle successive manifestazioni di inizio Novecento quando già si intuisce che il «turismo è il divertimento, il turismo è il lavoro, il turismo è il progresso».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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