Impianti sciistici, Pezzeda e Montecampione simboli della crisi
Facendo una rapida ricerca su internet, il sito Ski Forum definisce ancora oggi Alpe Pezzeda «un comprensorio sciistico della Valtrompia nel Bresciano». Basta leggere qualche riga più in basso per scoprire però che la stazione sciistica «è chiusa dal 2012 a causa del fallimento della società». Stando al dossier Nevediversa 2024 di Legambiente, in realtà il comprensorio valtrumplino (quota 1330 metri sul livello del mare – 1800 metri) sarebbe chiuso dal 1999, un ecomostro in parte sanato dall’intervento del comune di Collio che ha acquistato il primo tronco della seggiovia e attivato in estate un bikepark.
Tra gli «impianti dismessi» nel bresciano, il rapporto di Legambiente inserisce anche gli edifici del Plan e del Villaggio di Preottone di Montecampione: 142 appartamenti con annessi impianti sciistici, nei comuni di Artogne e Pian Camuno (quota 1200 metri s.l.m.), costruiti a metà anni ’70 e dismessi all’incirca nel 2010.
Strategie per il rilancio
Da qualche anno si sta tentando il rilancio di queste strutture e proprio sul finire del 2024 pare essere stato fatto un piccolo passo in questa direzione. Questo almeno è quello che pensa chi ha interesse a continuare ad investire soldi in quelli che Legambiente definisce «impianti sottoposti a "accanimento terapeutico"».
In Italia sarebbero 214 in tutto, 33 più di quanto segnalato nel rapporto 2023, 11 in Lombardia, uno dei quali è appunto Montecampione. L’estremo tentativo di salvataggio servirebbe a «salvaguardare i 13 milioni di euro stanziati da Regione Lombardia per il rifacimento di tre impianti. Si tratta di uno degli esempi più eclatanti di accanimento terapeutico per salvaguardare un dominio sciabile che è tra quelli maggiormente colpiti dalla riduzione dell’innevamento naturale».
Finanziamenti pubblici
I cambiamenti climatici stanno praticamente affossando il turismo invernale che si regge ormai quasi solo grazie ai finanziamenti pubblici. Nel 2024 gli impianti dismessi in Italia sono in tutto 260 (11 più del 2023), 177 quelli temporaneamente chiusi (più 39 sull’anno precedente), 93 quelli aperti a singhiozzo. Nonostante ciò, da oltre 20 anni «Regioni e Stato – scrive Legambiente – rispondono unicamente alla crisi del settore con robuste iniezioni di denaro pubblico a sostegno di impianti e innevamento artificiale».
Lo scorso anno (nello specifico attraverso il decreto ministeriale 7297/2023) il ministero del Turismo ha stanziato 148 milioni di euro a fondo perduto destinati alle società (private) proprietarie degli impianti di risalita per ammodernamento e innevamento artificiale, a fronte dei 4 milioni messi a disposizione per la promozione dell’ecoturismo. Un atteggiamento schizofrenico se confrontato con le linee programmatiche della Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Snacc), riguardante in particolare il rilancio del turismo invernale che, pur non demonizzando la neve artificiale, propone undici azioni che vanno dalla diversificazione fino alla vera e propria riconversione dell’industria dello sci alpino.
La Regione
Regione Lombardia, dal canto suo, ha introdotto diverse misure a sostegno delle località sciistiche del proprio territorio: dal bando «Neve programmata» del 2019 (11.160.644 euro per 35 soggetti privati) ai bandi «Innevamento» (2018-2022), circa 7 milioni per una quarantina di beneficiari.
Dal bilancio 2022 del consorzio Adamello ski Pontedilegno - Tonale risultano contributi pubblici per oltre 739mila euro, cui si vanno ad aggiungere i dieci milioni di euro ricevuti dalla Sit (Società impianti turistici) di Ponte di Legno, parte dei 50 milioni che la ministra al Turismo Daniela Santanchè ha fatto trovare sotto l’albero di Natale nel 2023 a Regione Lombardia. Ossigeno necessario per un malato cronico per il quale non si è voluto ancora trovare la cura definitiva.
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