Il vescovo Tremolada in visita all’ospedale Città di Brescia
«La visita è un momento di gioia, che conferma la sua vicinanza ai luoghi di cura, a chi soffre e a chi di loro si occupa. Cresca con questo momento la consapevolezza di essere volto di una Chiesa che si prende cura dei fratelli sofferenti».
Così il cappellano dell’ospedale Città di Brescia, don Mauro Rocco, ha accolto il vescovo di Brescia monsignor Pierantonio Tremolada per la sua visita all'istituto di cura cittadino.
Tremolada ha voluto che si leggesse un brano del Vangelo di Marco: «I lebbrosi erano considerari impuri, obbligati a vivere isolati, senza aver contatti con nessuno. Non avevano più una vita sociale – le parole del Pastore della Chiesa bresciana -. Questo lebbroso si avvicina a Gesù e gli dice: "se vuoi puoi purificarmi" che significa guarirmi. Gesù lo guarisce. Il particolare sta nel fatto che quell'uomo non crede solo alla possibilità che Gesù possa purificarlo, ma che lo voglia fare, che ne abbia volontà. Che ne abbia desiderio. Gesù compie un gesto impensabile e imprevedibile: si avvicina e lo tocca».
E ha continuato: «È il modo attraverso il quale vuole fare sentire a questa persona la sua vicinanza e il suo affetto. Questa è la cosa che ha che fare con chi si occupa dei malati, perché voi entrate in contatto con loro. Quello che una persona desidera quando arriva in ospedale è di guarire: ci sono persone competente e capaci che possono ridonare la vita. Io stesso ho avuto qualche problema serio e posso farmi portavoce di questo. Di una dose di incertezza che colpisce i malati. Gesù ricorda anche un aspetto non secondario: il rapporto che mette in gioco anche il corpo. È il vostro lavoro, di medici e infermieri, che vi mette a contatto con il corpo dei malati: il corpo è la persona stessa, ciò che si fa su un corpo si fa quindi sulla persona stessa.
E voi lo sapete. Grazie per quello che fate e per come lo fate. A volte e complesso, le persone non accettano quello che stanno vivendo. Quello che fate è estremamente prezioso: non siamo davanti solo a una professione, ma anche a qualcosa di più profondo, che attraverso la professionalità raggiunge qualcosa di più profondo. Raggiunge le emozioni, non far sentire la solitudine, ricordare il valore delle persone, perché ciò che accade in un ospedale, e io lo dico per esperienza personale, rimane e ti segna per tutta la vita». La visita è poi proseguita nel reparto di riabilitazione neurologica.
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