Il Teatro Arcioni è ancora incompiuto, ma c'è chi sogna di completarlo
Il mondo è pieno di cattedrali nel deserto: strutture che non servono a niente, opere incompiute come la Sinfonia n 8 di Schubert, costruzioni con un’evidente sproporzione tra costi e benefici. Una di queste è a Ghedi: non in un angolo sperduto della brughiera, ma in piazza Roma, sotto gli occhi di tutti. Per come era stato concepito (un contenitore culturale polivalente), il complesso dovrebbe avere un altro nome: tutti, però, lo chiamano Teatro Arcioni. Ripercorriamo la storia di questo costoso incompiuto che, finalmente, potrebbe trovare il suo ruolo.
La storia del Teatro Arcioni
L’idea di realizzare un teatro modulare, con area espositiva, sale per associazioni e bar, nasce ai tempi del sindaco Osvaldo Scalvenzi: fa parte di un progetto che comprende la ristrutturazione delle ex scuole Rinaldini (da trasformare in spazi dedicati al sociale) e Palazzo Arcioni (spazi dedicati alla cultura).
Le ex Rinaldini vengono convertite in ambulatori medici, farmacia, salone ed altro ancora; la ristrutturazione di Palazzo Arcioni, invece, si ferma a metà. Oggi il complesso ospita la biblioteca, l’archivio comunale e la sede della banda. Accanto c’è il teatro, che, fonte di tante polemiche, fa storia a sé.
Lo stop
Da Osvaldo Scalvenzi, il progetto passa ad Anna Guarneri: i lavori per la costruzione del teatro, infatti, iniziano nel 2008, alla fine del suo mandato.
Viene edificata la struttura, poi il blocco: 15 anni dopo è ancora tutto fermo, con la sagoma del teatro che, come una cattedrale nel deserto, incombe su piazza Roma. Nei giorni scorsi abbiamo fatto un sopralluogo: all’interno solo buio, polvere, lavori impostati e qualche ragnatela.
Posto che è andata così, resta il problema: che ne facciamo del teatro? Lo lasciamo lì a deperire altri 20 anni? Eventuali errori del passato ci stanno, ma perseverare sarebbe diabolico. Il problema nasce dal fatto che, quale che sia, la strada da percorrere è come il famoso gatto di Schrödinger, cioè in uno stato di sovrapposizione quantistica: giusta e sbagliata allo stesso tempo. Non far niente significa buttare i soldi spesi per costruire i muri: un milione di euro, forse più. Li consideriamo persi? Se invece si decide di terminare l’opera, bisogna mettere in conto altri soldi e poi altri ancora per mantenere vivo il teatro. Scelta difficile: non a caso lo stallo dura da 15 anni.
La novità
Forse siamo a una svolta: il sindaco Federico Casali e l’assessore Martino Pasini giurano d’essere «decisi a trovare una soluzione». Che però non sarà fulminea.
«Le urgenze sono altre: il polo scolastico che sta per nascere, la piscina chiusa da 4 anni, la strada per Borgosatollo da far ripartire, le crepe di Palazzo Arcioni… Il contenitore culturale polivalente è nel mirino, ma non al primo posto. Anche perché sono da trovare i soldi per il progetto, che tra l’altro prevede la salvaguardia di un pezzo di muro dell’antico castello: senza il progetto, campa cavallo».
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