Il Gaver «figlio di nessuno» è senza residenti quindi non c’è urgenza

Ubaldo Vallini
Il paradosso che penalizza la messa in sicurezza dopo il nubifragio. La promessa: «Gli aiuti arriveranno»
Gaver, al lavoro per tornare alla normalità
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Che il Gaver sia stato stravolto dal maltempo di domenica notte, nessuno lo mette in dubbio. È lì da vedere. Che necessiti di interventi di messa in sicurezza, anche. Eppure, sulla carta, la «somma urgenza», quella che ha il potere di far scattare d’ufficio elargizioni regionali immediate o quasi, non è sostenibile perché…. chi vive e lavora al Gaver non risiede nel Comune di riferimento, ovvero Breno. Come dire: non ci sono residenti, non c’è fretta. Dura lex, sed lex.

Alternative

«Ci sono margini per trovare soluzioni alternative. Ci stiamo lavorando» assicura il sindaco di Breno, Alessandro Panteghini, ieri al Gaver per un sopralluogo accompagnato dal presidente della Comunità montana di Valle Camonica Sandro Bonomelli che incalza: «non deve importare a quale anagrafe questa gente è iscritta. Lavora qui e custodisce questi luoghi. Dobbiamo trovare il modo per aiutarli e subito».

Legge severa quella che indica come criterio d’urgenza il fatto che l’area sia abitata da cittadini residenti, scritta evidentemente da chi non si era neppure immaginato che un territorio potesse appartenere ad un’area pur gravitando su un’altra, come il Gaver appunto, costretto a restare «sganciato» dal suo capoluogo per oltre metà anno, tant’è che per tutti i servizi – compresi quelli sanitari - gravita sul Comune confinante (in questo caso Bagolino) che tra l’altro appartiene anche ad un’altra Comunità montana. Così il Gaver, terra di mezzo, è di tutti e nello stesso tempo di nessuno. Soprattutto quando ha bisogno di aiuto.

Paradossi

Il perché è paradossale: amministrativamente è territorio di Breno, ma vi abitano – e vi lavorano - i bagossi. Si badi bene, non per disinteresse degli uni o volontà egemoniche degli altri. Semplicemente perché quassù la legge la scrivono orografia e collegamenti: il Passo del Crocedomini, che separa Valcamonica dalla Valsabbia, fa da spartiacque. È chiuso per neve almeno sette mesi l’anno. Va da sé che il Gaver, sul versante valsabbino ma amministrativamente camuno, è vissuto per lo più dai valsabbini (bagossi in primis) che qui gestiscono attività recettive, piste di sci di fondo in inverno, malghe e spacci di formaggio, a beneficio dei migliaia di visitatori.

«È necessario sedersi a un tavolo tutti insieme: camuni e valsabbini, Breno e Bagolino, per fare un patto di rilancio della zona» aggiunge il presidente Bonomelli. Considerazione che suona come una promessa. Ma intanto c’è da rispondere all’emergenza: anche ieri gli escavatori sono stati al lavoro per rimuovere detriti e i volontari erano ancora impegnati a svuotare e pulire garage e cantine.

«Ti viene voglia di mollare tutto» sbotta Maurizio Zanetti, della Locanda Gaver, la più colpita. Poi stringe i pugni: «qui c’è da lavorare. La stagione è corta. Bisogna fare in fretta. Stiamo lavorando sodo perché contiamo di riuscire ad aprire per domenica».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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