Il concetto di giustizia (e di uso della violenza) secondo i giovani

Daniela Zorat
Nella sede di Fondazione della Comunità Bresciana presentato l’esito del progetto di messa alla prova per i minori autori di reati: l’associazione Criaf ha illustrato la ricerca «La percezione della legalità e delle regole»
La presentazione del progetto nella sede della Fondazione Comunità Bresciana - Foto Gabriele Strada Neg © www.giornaledibrescia.it
La presentazione del progetto nella sede della Fondazione Comunità Bresciana - Foto Gabriele Strada Neg © www.giornaledibrescia.it
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Variano dai 200 ai 300 ogni anno i minori autori di reati che si servono di uno strumento riparativo come la messa alla prova. Un numero che non solo sta via via crescendo in termini numerici, ma anche e soprattutto per complessità delle problematiche che ogni caso porta con sé. Tra questi ragazzi, circa 50 hanno affrontato un percorso di «Trekking therapy» promosso in due Ambiti della provincia: il 9 della Bassa e il 12 della Valsabbia, grazie al progetto «Maps» promosso dalla cooperativa sociale Area con il sostegno della Fondazione Cariplo attraverso la Fondazione della Comunità Bresciana. Nella sede di FCB si è tenuto un convegno di «restituzione» dell’esperienza fatta, alla presenza degli esperti e degli operatori della fitta rete di realtà che hanno lavorato al progetto, con una tavola rotonda che si è conclusa con la consegna di una vera e propria «Mappa» che servirà ai ragazzi per orientarsi nel periodo della messa alla prova e anche successivamente.

L’opinione dei giovani sulla giustizia

Interessanti sono i dati emersi dalla ricerca presentata dall’associazione Criaf, dal titolo «La percezione della legalità e delle regole», tesa a capire l’opinione dei giovani sulla giustizia. Circa 800 gli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado dell’ambito 9 che hanno risposto ad un questionario. Ed è emerso quanto il concetto di giustizia tra i ragazzi sia astratto e sfumato; passa dal «punire chi sbaglia» al «difendere ciò che è giusto». E se da un lato in prima battuta l’80% risponde che rispetta sempre le regole, poi analizzando più in profondità le risposte si scopre che diversi studenti considerano legittimi comportamenti che di fatto non lo sono, come: non restituire denaro ad un amico, copiare ad un esame, utilizzare un profilo falso per denigrare una persona, diffondere false informazioni sul conto di una persona solo per ferirla, minacciare ripetutamente un compagno di classe, pubblicare foto e/o video di altri senza il loro consenso.

La violenza come strumento di difesa

Gli esperti si dicono poi preoccupati dal fatto che la maggior parte degli studenti (il 69%) ritiene legittima la violenza nel momento in cui è utilizzata come strumento di difesa personale e che il 60% del campione dichiara che non interverrebbe se fosse spettatore di una situazione di prepotenza e prevaricazione.

Agenti educanti per i giovani sono famiglia e scuola, ma anche amici e social media, che purtuttavia appaiono sempre più come cattivi modelli.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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