Il Cai chiude i festeggiamenti per i suoi 150 anni al San Barnaba
Un secolo e mezzo di montagna, nelle storie degli uomini. La sezione di Brescia del Club Alpino Italiano ha presentato ieri sera all’auditorium San Barnaba la conclusione delle iniziative che nel corso del 2024 sono state organizzate per festeggiare i 150 anni dalla sua fondazione.
Numerosi sono stati i partecipanti in ascolto di un racconto a più voci su un passato che inorgoglisce e rilancia i suoi soci con lo stesso impegno di chi li ha preceduti nella costruzione di rifugi, sentieri, progetti culturali, passioni che si declinano sulle strade che dalla montagna portano lontano, fino alle città alla pianura, alla società intera.
La serata
Percorrere assieme la storia e il presente del sodalizio ha rappresentato un momento per riaffermare valori che non scadono, solidi come una roccia, saldi come un appiglio sicuro. Fare memoria per volgere lo sguardo al nostro futuro è stato il motto di partenza della serata moderata dal direttore del Giornale di Brescia, Nunzia Vallini.
La montagna è uno spazio per tutti. Il Cai Brescia l’ha affermato con convinzione nelle parole di apertura del suo presidente Renato Veronesi, che rilancia il profilo volontaristico dell’associazione e la sua capacità e volontà di dialogo e di azione con soggetti diversi, dalla Amministrazioni pubbliche a quelle sanitarie, dal mondo accademico e della ricerca a quello giovanile.
Una fatica utile
La bontà dell’intenzione è confermata dalle parole dell’assessora con delega alla Transizione ecologica, all’Ambiente e al Verde del Comune di Brescia Camilla Bianchi, secondo la quale «il Cai insegna lo stile di fare fatica assieme». Una fatica giudicata e utile, come mostrano gli esiti positivi dei progetti comuni che riguardano ad esempio la Maddalena e i suoi sentieri.
Anche il professor Carlo Alberto Romano, Prorettore per l’Impegno Sociale per il Territorio dell’Università degli studi di Brescia, ha confermato che l’ateneo e la sezione cittadina del Cai percorrono una strada tracciata da tempo e che si rinnova proficuamente in ambiti diversi.
Divulgazione e cultura
Temi che emergono anche tra le pagine del nuovo numero fresco di stampa della rivista sezionale «Adamello», che il suo direttore Angelo Maggiori ha presentato nel corso della serata evidenziando i numerosi contributi che aiutano a mettersi in continuità con il passato per proiettare uno sguardo certo verso il futuro. Ma che futuro si delinea per la montagna? Sicuramente a tinte fosche per il nostro Adamello, come ha ricordato il professor Roberto Ranzi che lo studia da anni. Le polveri sahariane della scorsa estate infatti hanno favorito una ulteriore perdita di spessore del ghiaccio.
Ci salverà uno sguardo nuovo e diverso. «L’esperienza metaforica della montagna fa percepire la fatica come qualcosa di transitorio e non di permanente». L’hanno raccontato Emanuele Frugoni e Sofia Bosio, educatori nell’ambito della Montagnaterapia. Un grande anniversario insegna anche questo. E che il racconto possa continuare, passo dopo passo.
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