I casi più famosi di testamenti solidali nel Bresciano
Generosità e senso della comunità da nord a sud della Valcamonica. In passato, ma anche oggi, si contano numerosi gesti di solidarietà, di persone che, consce della propria fortuna, in punto di morte hanno deciso di donare parte delle loro ricchezze. Uno degli esempi che risale più in là nel tempo è il legato Damiolini di Sellero, istituito nel 1799 dal falegname benefattore Giacomo Damiolini a favore di tutti i cittadini del paese per combattere l’analfabetismo.
Borse di studio
Il patrimonio fu impiegato allo scopo sino alla nascita della scuola pubblica, ma la tradizione non è stata mai abbandonata anche successivamente: negli ultimi anni i proventi del lascito, integrati dai fondi del Comune, sono stati utilizzati per le borse di studio agli studenti diplomati e laureati di Sellero.
Edolo
L’ultimo in ordine di tempo proviene da Edolo, è il lascito di Marita Carestia, mancata nel dicembre 2017 a ottant’anni: ha donato tre milioni e mezzo alla fondazione Giamboni (la Rsa), uno alla ricerca contro la sclerosi e mezzo milione alla cooperativa Il Cardo. Il tutto per ringraziare la comunità che aveva accolto suo padre, caduto sul campo mentre combatteva nel Quinto alpini, e per onorare la memoria del nonno, l’avvocato Giovan Battista Tognali, al quale è stata intestata una piazza.
Breno
Anche a Breno, quasi un secolo fa, l’asilo e altri immobili furono lasciati dall’ingegner Erminio Valverti al Comune per «accogliere e custodire i bambini poveri». La fondazione Valverti, oggi, gestisce la scuola dell’infanzia e il nido, oltre a diversi appartamenti a Milano, concessi a prezzo calmierato agli studenti universitari.
Darfo
Molto contrastato è stato, negli ultimi anni, il legato della benefattrice Bice Sangalli Rillosi, che negli anni Quaranta lasciò all’ospedale di Darfo il suo patrimonio, prescrivendo che il frutto delle proprietà andasse ai poveri di Bessimo. Per gestire il patrimonio, di tre milioni, è stata creata un’associazione. I problemi sono sorti quando l’allora Asl di Valcamonica, divenuta proprietaria dei beni dopo la riforma della sanità, ha deciso di vendere i terreni. Ne è nato un contenzioso, che in paese, 15 anni fa creò scalpore.
In Valvestino
Un lascito risalente ad oltre cinque secoli fa, ancora rispettato, continua a dar vita ad una delle più curiose e antiche tradizioni della Valvestino. Succede nel borgo rurale di Droane, comune di Valvestino, dove ogni anno, il 26 giugno, giorno di San Vigilio, alla fine della messa viene distribuito un quintale di pane benedetto.
La leggenda
È un’usanza che affonda la sua origine nella leggenda e probabilmente è da ricondurre all’obbligo morale di ospitalità praticato dalla gente di montagna, solidale nelle maggiori necessità della vita.
Si racconta che in un anno imprecisato tra il 1496 e il 1537 una violenta epidemia di peste si propagò nel villaggio di Droane, facendo strage dei suoi 150 abitanti. La pestilenza fu così terribile che, ponendo una pagnotta alla Croce di Camiolo, fra Droane e la Val Vestino, la parte di pane rivolta verso Droane anneriva e marciva, mentre l’altra restava bianca. Sopravvissero solo due vecchiette. Trovatesi sole, le due anziane cercarono ospitalità altrove. Una morì di stenti lungo il cammino, l’altra giunse ad Aer, nel Comune di Tignale, dove si stabilì.
Il lascito
Alla sua morte lasciò in eredità la terra che possedeva a Droane, subordinando il lascito all’osservanza di una condizione: che ogni anno il 26 giugno, giorno di San Vigilio, santo a cui la donna era particolarmente devota, vi si celebrasse una messa in suo suffragio e al termine della celebrazione venisse distribuito un quintale di pane benedetto fra i partecipanti, per proteggerli dalle malattie. La tradizione viene ancor oggi rispettata, ogni 26 giugno, nell’antica chiesetta di Droane, una delle più antiche della zona, già documentata nel 1186.
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