Come reagirebbe Brescia a una nevicata come quella del 1985
Sono trascorsi quarant’anni dall’incredibile nevicata che in tre giorni seppellì Brescia sotto una pesante coltre bianca. L’eccezionale evento, commentò all’epoca il nostro giornale, venne sottovalutato anche a causa di «quarant’anni di assenza di nevicate massicce». La coincidenza temporale di per sé non rappresenta nulla, ovviamente, se non un monito a prendere coscienza del fatto che un fenomeno di questa portata, seppur improbabile, possa riverificarsi in qualunque momento. E allora la domanda è: oggi il territorio bresciano sarebbe pronto a far fronte a una simile emergenza, o rischierebbe di farsi cogliere impreparato, esattamente come accadde nel 1985?
I protocolli
Da anni il Comune e la Provincia di Brescia si dotano dei cosiddetti «Piani neve», protocolli da attivare in caso di nevicate, o anche di semplici gelate. Ciascuno dei due enti interviene sulle strade di propria competenza: quelle provinciali coprono una lunghezza pari a circa 2.000 chilometri, quelle comunali 700, che raddoppiano contabilizzando anche rotonde e aree pedonali.
Nel periodo autunnale e invernale (il Piano neve comunale è attivo dall’11 novembre al 9 marzo, quello provinciale fino al 31 maggio), accanto alla manutenzione ordinaria, viene effettuata un’attività di monitoraggio costante: per la Provincia è appannaggio di sorveglianti (16 in totale) e cantonieri (28), nel caso del Comune è il Comando di Polizia locale che, in contatto con il servizio meteorologico dell’Aeronautica, allerta telefonicamente il Settore strade, che a sua volta avvisa Aprica, società del gruppo A2A che si occupa quotidianamente della nettezza urbana, alla quale dal 2008 è affidata l’attuazione del Piano.
Gli interventi
Gli interventi vengono programmati in base alle condizioni meteorologiche: il più ordinario è lo spargimento preventivo di prodotti per sciogliere il ghiaccio che si forma sul manto stradale, e poi a salire fino a quelli più capillari previsti per nevicate particolarmente abbondanti.
Il Comune custodisce i prodotti antigelo in tre magazzini, situati in via Reverberi, in via Zammarchi e in via Codignole: in questi tre poli sono distribuite 2.250 tonnellate di salgemma, 450 tonnellate di sabbia e 1500 tonnellate di miscela sale-sabbia. La Provincia si era approvvigionata già lo scorso anno di 9.600 tonnellate di materiale, conservato nelle case cantoniere (di proprietà demaniale e gestite dall’Anas), prevedendo che potessero soddisfare le esigenze anche di questa stagione invernale. Aprica, insieme alle aziende e alle imprese agricole da essa incaricate, mette a disposizione 128 mezzi e 192 persone fra conducenti, operatori manuali e coordinatori. Sono invece 150 i mezzi operativi delle dieci ditte appaltatrici della Provincia.

Il «codice nero»
Questi i principali aspetti dei protocolli affinati negli ultimi anni. Ma nello specifico, quale meccanismo si attiverebbe davanti a un evento come quello del 1985? Il Comune di Brescia prevede per casi come questo l’attuazione di un «codice nero», quello assegnato ai fenomeni più eccezionali: la gestione diventa automaticamente sovracomunale, la regia passa alla Prefettura, che coordina tutti gli interventi. Accade spesso in situazioni analoghe che si debbano chiudere dei tratti autostradali, e in questo caso va garantita una viabilità interna alternativa da mantenere pulita. Un altro passaggio saliente è l’individuazione delle aree di sosta lungo le autostrade verso le quali far affluire i mezzi pesanti, per consentire loro di tornare in circolazione una volta messe in sicurezza le carreggiate.
Un meccanismo che si riflette sulle gestione dei soccorsi, che disporrebbero di mezzi aggiuntivi dislocati a ridosso dei caselli autostradali e pronti a intervenire, e all’occorrenza di fuoristrada in dotazione alla Protezione civile, come Jeep sanitarie o altri veicoli.
Gli altri attori
Una nevicata di tale portata non comporterebbe soltanto problemi di viabilità. La presenza di neve ghiacciata, ad esempio, rischierebbe di provocare danni alle infrastrutture elettriche. Senza contare quelli alle abitazioni, il rischio di crollo dei cavi, e tutto quello che ne conseguirebbe. La Protezione civile gioca un ruolo fondamentale di fronte a queste calamità, insieme a tutte le forze dell’ordine coinvolte. Il suo «braccio operativo» sono i Vigili del fuoco. Due, secondo l’ingegner Giovanni Russo, funzionario del Comando provinciale di Brescia, le differenze sostanziali rispetto a quanto accadde quarant’anni fa: «In primo luogo la presenza del dispositivo di colonna mobile, che consente al Corpo nazionale di attingere mezzi e risorse da altri territori, all’occorrenza anche extraregionali». Con tutte le difficoltà logistiche legate agli spostamenti su strade innevate o ghiacciate. Nell’85 fu decisiva l’azione dei carri armati dell’esercito, che oggi non sarebbero utilizzabili.

C’è però un altro aspetto, forse il più rilevante: «Quarant’anni fa si parlava in modo generico della caserma dei pompieri. Con il trascorrere degli anni è aumentata la specializzazione del Corpo nazionale: sono nati nuovi nuclei, come i Gos (acronimo di Gruppi operativi speciali, dotati di escavatori, ruspe, mezzi ruotati o cingolati, ndr), che intervengono in situazioni come questa. È un elemento decisivo, che consente di affrontare meglio emergenze simili».
Passi avanti
In quasi mezzo secolo, insomma, sono stati fatti dei passi avanti: «Rispetto al passato si fa molta più prevenzione». A dirlo è Valter Muchetti, assessore comunale con delega alla Protezione civile: «Faccio un esempio: a Firenze ci fu una nevicata straordinaria, e il prefetto precettò le cave di sabbia in modo che venisse portata dov’era necessaria. Noi abbiamo già tutto il materiale immagazzinato, e quindi non abbiamo problemi di reperibilità». I protocolli codificano le azioni da compiere, sono l’antidoto perfetto al caos generato da fenomeni di questa portata: «C’è un ordine di priorità: gli interventi devono riguardare in primo luogo i piazzali delle metropolitane, i parcheggi degli ospedali, le arterie principali».

Anche Giovanmaria Tognazzi, responsabile della Protezione civile in Provincia, parla di un «sistema di coordinamento molto più efficace rispetto a quarant’anni fa». Presupposto insufficiente a scongiurare l’emergenza: sarebbe impossibile a prescindere, in situazioni così estreme. «Verrebbe però gestita in maniera diversa, più lineare e condivisa» insiste Tognazzi. Per riassumere: la disponibilità di mezzi, risorse, uomini e protocolli proietta scenari differenti rispetto a quelli che la nevicata del 1985 consegnò alla storia. Siamo più attrezzati, abbiamo conoscenze più specifiche, anche sulla scorta dell’esperienza di quarant’anni fa. Ma sempre di emergenza si tratterebbe. Avremmo semplicemente qualche strumento in più per limitarne i danni.
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