Gli avvocati delle Camere Penali a Canton Mombello: «Ora vengano i giudici»
Per il carcere di Canton Mombello ormai, secondo la Camera Penale Lombardia Orientale, «è tristemente ridondante ogni segnalazione di sovraffollamento, violazione dei diritti fondamentali dei detenuti e della loro dignità e sostanziale annullamento della possibilità di una vera risocializzazione» ed è quindi necessario un passo avanti. Dopo la visita di martedì al Nerio Fischione da parte di una delegazione di avvocati dell’Osservatorio Carcere dell’Unione delle Camere Penali Italiane infatti è stata evidenziata «la necessità che, oltre all’avvocatura associata e alla stampa, che costantemente monitorano la situazione, anche i magistrati dell’esecuzione della pena e della cognizione, cioè quelli che applicano la custodia cautelare, entrino in carcere: nelle sezioni, tra i corpi ammassati nelle celle (che è veramente difficile chiamare, come si dovrebbe, camere di pernottamento), nei corridoi quasi tutti vuoti perché i detenuti sono chiusi per quasi 20 ore al giorno e nei risicati spazi per la socialità. Bisogna vedere per capire fino in fondo».
Gli avvocati manifestano anche «l’auspicio che gli immani sforzi compiuti ogni giorno dal personale dell’amministrazione penitenziaria non solo per gestire il numero eccessivo di detenuti, ma anche per riempire il tempo vuoto di una detenzione inutile (in un’ottica costituzionale, l’unica possibile) vengano riconosciuti e alleviati da un legislatore sinora ignavo e assente: sia con il completamento dell’iter del disegno di legge sulla liberazione anticipata speciale (che costituirebbe un primo passo verso numeri più ragionevoli garantendo al contempo la sicurezza dei cittadini, essendo lo sconto di pena riconosciuto solo a chi ha dato prova di non essere a rischio di recidiva), sia con strumenti utili a procurare alle persone recluse il lavoro, fondamentale strumento di riscatto e cambiamento: a Canton Mombello si cerca di farlo grazie all’accordo di collaborazione con Confindustria Brescia, l’Ufficio del Garante dei Detenuti e il Tribunale di Sorveglianza: un modello virtuoso. Troppo pochi, però, i detenuti che possono lavorare».
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