Gli alberi non cadono mai per caso

L’agronomo Fiorenzo Pandini richiama al controllo e alla prevenzione: «In Italia le piante pericolanti fanno più vittime delle rapine in banca»
Il Piantù caduto a Collebeato nei mesi scorsi - © www.giornaledibrescia.it
Il Piantù caduto a Collebeato nei mesi scorsi - © www.giornaledibrescia.it
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Quante volte è capitato di vedere, o leggere, di alberi caduti durante un temporale estivo? E soprattutto negli ultimi anni dato che gli eventi si sono fatti particolarmente violenti a causa del gran caldo. Ma, al di là del cambiamento climatico che complica le cose, osservazione, controllo e un agronomo possono salvare vite. Sì, perché una pianta pericolante può travolgere non solo auto in sosta, ma anche persone. «Un albero non cade per caso - è il messaggio che lancia ogni anno Fiorenzo Pandini, agronomo fitopatologo -, non voglio vederne cadere per negligenza, in Italia gli alberi fanno più vittime che le rapine in banca».

Quando si parla di alberi spesso si innescano polemiche e prese di posizione durissime: da una parte chi vuole preservare la pianta, dall’altro chi deve portare a termine un intervento (un marciapiede da rifare, magari lesionato proprio dalle radici, o una conduttura da sostituire) o tagliare l’esemplare a fronte del parere di un esperto che lo ha dichiarato «malato inguaribile» e, quindi, instabile e pericoloso.

La situazione

«Gli alberi sono una meraviglia - dice l’esperto -, ma quando ci sono problemi, tecnici o botanici, vanno gestiti o eliminati». E qui entra in campo l’agronomo, pena la negligenza della custodia che è un reato. «Secondo uno studio recente dell’Università di scienze forestali di Firenze su 250 Comuni italiani – dice Pandini – il 30% degli alberi di parchi e viali andrebbero sostituiti perché lesionati o malati». O messi a dimora troppo vicini compromettendone la salute.

«Non si può vivere di folklore con le piante - continua - nell’aprile scorso a Bergamo un uomo è morto investito da un albero pericolante, con tanto di certificato». Negli ultimi 50 anni in Italia hanno perso la vita così «almeno 13 persone, tutte morti evitabili». E i problemi non arrivano solo dagli schianti, ma anche dalle radici che sollevano marciapiedi e fanno, in alcuni casi, inciampare le persone. «E così alcuni scelgono, come è successo a Sirmione, di sostituire i pini marittimi con le palme, altri, come Toscolano, li tengono». Nel nord d’Europa, tanto per fare un esempio, le piante ornamentali nelle città, quelle che più sono a rischio per lavori e condizioni di vita e crescita più difficili, vengono rinnovate ogni 15 anni. E senza polemiche o proteste.

Insomma, se si possiede, privati o Comuni, un albero, soprattutto se di grandi dimensioni, e se presenta segni di malattia o deperimento, va controllato. Sarà poi l’agronomo a dire se l’esemplare è malato, se può essere curato o no. Bisogna affidarsi e fidarsi.

Il caso Collebeato

  • Caduto il platano secolare di Collebeato
    Caduto il platano secolare di Collebeato
  • Caduto il platano secolare di Collebeato
    Caduto il platano secolare di Collebeato
  • Caduto il platano secolare di Collebeato
    Caduto il platano secolare di Collebeato
  • Caduto il platano secolare di Collebeato
    Caduto il platano secolare di Collebeato

L’analisi di Pandini porta ad esempio lo schianto del platano di Collebeato di inizio estate che ha creato un tam tam, soprattutto social, di amarezza e dolore per un esemplare risalente, si crede, ai tempi di Napoleone: «È stata celebrata l’età dell’albero – dice –, invece è gravissimo che nessuno sia intervenuto prima della caduta. Quella, infatti, era una pianta che presentava alla base le mensole di ganoderma, un fungo che fa marcire il legno, già 20 anni fa. Non va celebrato l’albero caduto, qua si deve sottolineare che per fortuna non è morto nessuno». E aggiunge: «Vent’anni fa, dopo essere passato di lì per caso e aver notato i segni della malattia, mandai una mail al Comune per segnalare il problema di quel platano. Ma nessuno intervenne».

Il ganoderma si muove lentamente, ma non lascia scampo se lasciato agire, e infatti, dalle fotografie del platano caduto nel paese dell’hinterland, è chiaro che le radici non tenevano più il peso della pianta. «Il fungo – spiega Pandini – si muove di 2-3 millimetri all’anno, quando si notano quelle mensole va chiamato l’agronomo». Speriamo che il caso faccia scuola.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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