Giacomo Bozzoli, la ricostruzione dei primi dieci giorni di latitanza
La nuova, avvincente, pagina della vicenda che riguarda Giacomo Bozzoli e la sua famiglia inizia alle 17.30 di lunedì primo luglio quando la prima sezione penale della Corte di Cassazione a Roma conferma l’ergastolo. Lui in aula non c’è, tra il pubblico c’è suo padre Adelio. La sentenza è definitiva. Mezz’ora più tardi, alle 18, gli uffici della Procura di Brescia ricevono l’estratto della sentenza della Cassazione, atto fondamentale per poter emettere l’ordine di carcerazione. I carabinieri vanno a casa di Giacomo Bozzoli a Soiano del Lago e non trovano nessuno.
Le ricerche partono immediatamente: insieme al 39enne ci sono la compagna Antonella Colossi e il figlio che ha compiuto nove anni in questi giorni. Tecnicamente non è ancora un latitante: finché non c’è il decreto motivato di latitanza. Secondo i vicini di casa i tre non sarebbero in casa almeno da una decina di giorni.
Gli inquirenti si danno 48 ore di tempo «prima di scatenare l’inferno per fargli terra bruciata attorno», viene spiegato da fonti investigative. Le ricerche sono però già iniziate.
Il 3 luglio, si viene a sapere che alle 5.51 del 23 giugno la Maserati Levante intestata a Giacomo Bozzoli è passata sotto un lettore targhe a Manerba e poi alle 6.03 a Desenzano. Poi più nulla. La Maserati è letteralmente svanita.
Intanto viene firmato il decreto di latitanza e scatta il mandato di arresto internazionale. Per il suocero «sono in Francia».
Quella stessa sera viene perquisita la casa a Soiano del Lago e sequestrano tablet e telefoni, compreso quello personale usato da Giacomo negli ultimi anni.
Giovedì 4 luglio il padre di Antonella invita Giacomo a costituirsi e il giorno successivo la figlia e il nipote arrivano a Brescia. Sentita in caserma la donna racconta di essere stata in Spagna, di aver perso il suo telefono in Francia e di non sapere dove sia Giacomo, ma i non ricordo sono più delle risposte.
Nelle stesse ore arriva dalla Spagna la segnalazione che il documento di Giacomo Bozzoli è stato registrato all’Hard Rock di Marbella. Si pensa ad un depistaggio. Nei giorni successivi però la receptionist lo riconosce nelle foto e i frame delle telecamere confermano. Il 30 giugno Giacomo Bozzoli era a Marbella. È un punto di partenza.
Da quel momento in poi però sono in campo solo le ipotesi. La compagna di Giacomo viene sentita ancora martedì 9 luglio ma non aggiunge nessun dettaglio e anzi continua a ribadire di aver perso la memoria per lo shock della condanna. Si pensa anche di sentire il figlio.
Nella stessa giornata emerge anche che Bozzoli avrebbe dovuto consegnarsi al carcere di Bollate entro 48 ore dalla sentenza ma non avrebbe rispettato il «patto». Le indagini si sono indirizzate verso Capo Verde, arcipelago al largo del Senegal dove non c’è l’estradizione e dove diversi altri italiani, e bresciani, hanno in passato trovato riparo.
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