Bozzoli a Bollate: dall’incontro con i legali al memoriale
In attesa di incontrare il figlio e la compagna ha visto i suoi legali. Ed è stato il primo contatto con qualcuno di vicino da quando ha finito la latitanza. Giacomo Bozzoli nel carcere di Bollate ha parlato per quasi due ore e mezza con i suoi difensori, gli avvocati Luigi e Giovanni Frattini, padre e figlio che lo assistono fin da quando a dicembre 2015 il suo nome venne iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di aver ucciso lo zio Mario.
«Non abbiamo commenti da fare», si sono limitati a dire i difensori, che con il loro assistito avrebbero avuto un colloquio soprattutto incentrato su come dovrà ora gestire la sua vita da detenuto all’ergastolo. A partire dagli incontri con i familiari che Giacomo Bozzoli vorrebbe vedere quanto prima.
In settimana sarà interrogato – come persona informata sui fatti – nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Brescia per procurata inosservanza della pena. Per chi indaga difficilmente il 39enne aprirà scenari nuovi o farà nomi di possibili complici della fuga finita nel cassettone del letto matrimoniale di casa a Soiano del lago dove i carabinieri lo hanno arrestato.
«Io e lui eravamo sorpresi entrambi quando ho sollevato il letto», ha raccontato al Giornale di Brescia il carabiniere che lo ha trovato giovedì pomeriggio. «Mi ha chiesto: "Ma mi arrestate? Io sono innocente"». Bozzoli, che aveva un borsello con 60mila euro in pezzi da 50 euro, non è chiaro perché sia tornato a casa. C’è chi non esclude che volesse provare ad affrontare una latitanza tra le mura domestiche in stile Matteo Messina Denaro. Di certo giovedì ha commesso tre errori: all’alba ha telefonato a uno dei 14 numeri che erano stati messi sotto intercettazione. La persona non ha risposta, ma i carabinieri sono risaliti alla cella agganciata da chi aveva fatto partire la chiamata e capito che era Giacomo Bozzoli. Poi nella villa di Soiano ha oscurato una telecamera e attivato l’aria condizionata che ha generato il rumore dei motori dando la certezza ai militari che qualcuno era effettivamente presente in casa. Da detenuto che sta scontando la pena definitiva all’ergastolo Giacomo Bozzoli ora è convinto di poter riscrivere la sua storia giudiziaria.
Il memoriale
In un memoriale inviato – ma non ancora arrivato – ai vertici della magistratura bresciana ha detto di avere «un testimone austriaco che mi scagiona». Un uomo che arriva dal paese da dove provenivano i 4400 euro on contanti trovati a casa dell’operaio suicida Giuseppe Ghirardini e che per i giudici erano un anticipo per commettere l’omicidio di Mario Bozzoli, che per la giustizia è stato commesso in concorso da Giuseppe Ghirardini, addetto ai forni la sera dell’8 ottobre 2015, è appunto Giacomo Bozzoli.
E poi c’è Oscar Maggi, anche lui presente nella fonderia di Marcheno nove anni e indagato per concorso in omicidio dopo che il presidente della Corte d’Assise Roberto Spanò aveva disposto la trasmissione degli atti in procura al termine del processo di primo grado. E per il quale ora la procura bresciana è pronta a chiedere il rinvio a giudizio.
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