Fuori sede e alloggi: tra le piaghe nero, annunci falsi e razzismo
A Brescia, studiare costa. E a dirlo sono gli studenti fuori sede che abitano la nostra città.
Tuttavia, a cercare di porre un rimedio c’è «Studenti per - Udu Brescia», associazione studentesca universitaria che dal 2008 cerca di costruire un ponte di dialogo tra gli atenei bresciani e gli universitari, dei quali difende i diritti.
L’associazione
«Come associazione abbiamo sempre cercato di aiutare i fuori sede a trovare una sistemazione – spiega Mattia Rebessi, coordinatore di Studenti per Brescia –. Sappiamo bene quanto sia difficile la questione abitativa in un’altra città, per questo siamo attivi su questo fronte.
A livello locale, però, il nostro apporto è ridotto perché gli atenei di Brescia sono tra quelli con la percentuale di fuori sede più bassa in Lombardia».
Gli studenti fuori sede di Brescia
La maggior parte dei ragazzi che studia nelle università della città, infatti, proviene dalla Bassa e ha già un’abitazione. I fuori sede, invece, provengono da province vicine a Brescia, come Bergamo, Mantova e Verona. Motivo per cui scelgono una vita da pendolare.
«A livello nazionale, invece, la questione è ben diversa – prosegue Rebessi –: lo scorso ottobre 2023, infatti, abbiamo svolto un’indagine in tutta Italia insieme a Udu Italia per cercare di capire al meglio l’emergenza abitativa dei fuori sede».
Circa 20mila sono state le risposte ricevute con risultati sorprendenti: in media gli studenti pagano 430 euro per una camera singola e oltre il 60 per cento afferma di aver avuto estrema fatica a trovare una casa.
I problemi
Tra i motivi principali: costi eccessivi (53%), condizioni inaccettabili (42%), alloggi introvabili (36%), annunci falsi (30%) e razzismo (4%).
Preoccupanti anche i dati riguardanti il nero, se si pensa che il 5,5% degli studenti in Italia non ha alcun contratto. Mentre se si parla di irregolarità parziali, oltre il 10 per cento degli affitti a livello nazionale non presenta contratti regolari.
«Una situazione abbastanza preoccupante – conclude Rebessi – alla quale però stiamo cercando di porre rimedio grazie anche a interlocuzioni con il Miur e a confronti con i consiglieri delle diverse regioni italiane».
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